lunedì 4 febbraio 2019

L' EUROPA E L' EMIGRAZIONE




               EUROPA   E   L'EMIGRAZIONE


                                            L’ EUROPA , OGGI 

Una  EUROPA  ( Unione Europea ) , che chiude gli occhi , si tappa le orecchie e sta muta di fronte al drammatico ed epocale fenomeno maxi-migratorio di milioni di esseri umani , che fuggono dalle Regioni africane e medio-orientali , questa Europa   NON ESISTE  come realtà politica , ma è esclusivamente una  “ cassaforte “ per usurpatori di risorse altrui.

Sono  28  i  paesi membri dell’UE :
Austria , Belgio , Bulgaria , Cechia , Cipro , Croazia , Danimarca , Estonia , Finlandia , Francia , Germania , Grecia , Irlanda , Italia , Lettonia , Lituania , Lussemburgo , Malta , Paesi Bassi , Polonia , Portogallo , Regno Unito , Romania , Slovacchia , Slovenia , Spagna , Svezia , Ungheria .

Le ex colonie
Riguardo alle colonie del tempo passato : 

 La Gran Bretagna non ha più l’India, la Malesia, il Kenya, la Rodesia, e neanche Hong Kong.

Le colonie spagnole non esistono più da tempo .

 L’Italia ha perso la Libia e l’Etiopia.

I portoghesi hanno abbandonato l’Angola e il Mozambico.

I francesi hanno perso il Vietnam e l’Algeria .

Gli olandesi , dopo la seconda guerra mondiale , hanno perso l’Indonesia .

·         Riguardo alle  COLONIE  DI  OGGI
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La Gran Bretagna  ha  come colonie :

 Gibilterra, le Bermuda, le Isole Falkland (o Malvine), e molti altri posti nel mondo, tra i Caraibi e l’Atlantico meridionale, come le Isole Vergini britanniche, Sant’Elena e Tristan da Cunha.

La Spagna   ha un paio di posti nel vicino Marocco (Ceuta e Melilla).

·         L’Olanda ha ancora delle isolette dei Caraibi: Saba,                      St. Eustatius, St. Marteen, Curacao e Bonaire.
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·         La Nuova Zelanda ha un paio di colonie: Niue e le Isole Pitcairn.
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·         Gli Stati Uniti ne hanno diverse , tra cui Portorico, le Samoa americane, Guam, le Isole Vergini americane e la più famigerata di tutte: la baia di Guantanamo.
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      La Francia  è quella che oggi ha più colonie:
·         nel Pacifico c’è la Polinesia francese, la Nuova Caledonia e Wallis e Futuna.
·          In Sudamerica c’è la Guiana francese.
·         Nei Caraibi hanno la Martinica, St. Barthélemy e Guadalupe. Nell’America settentrionale, dalle parti di Terranova, St. Pierre e Miquelon.
·         Al largo del Madagascar hanno l’isola della Réunion.
·         In Africa non hanno colonie , ma è di stanza la Legione straniera.
·          Inoltre , sono due i gruppi di Paesi africani ad usare il franco CFA. Un primo gruppo di sei Paesi dell’Africa centrale, riuniti nella Comunità economica e monetaria dell’Africa centrale (Cemac). E un secondo gruppo di otto Paesi dell’Africa occidentale, riuniti nell’Unione economica e monetaria ovest-africana (Uemoa). Il primo gruppo ha come istituto di emissione la Banque centrale des États de l’Afrique de l’Ouest. Il secondo gruppo la Banque des États de l’Afrique centrale. Sono due valute non intercambiabili. Dopo l’introduzione dell’euro il valore del CFA è stato agganciato alla nuova valuta (1 Euro = 655,957 franchi CFA).
·         Tra i vantaggi derivanti dall’adozione di questa valuta vi è senza dubbio una sorta di scudo contro la svalutazione e rappresenta una garanzia anche in termini di integrazione regionale, facilitando gli scambi tra i Paesi che lo utilizzano. Riguardo agli svantaggi , il più evidente è di costituire un potenziale freno allo sviluppo di questi Paesi. A farne le spese sono soprattutto i produttori africani desiderosi di esportare i loro beni in Europa. Il cambio fisso rende molto costose le loro merci e agevola gli agricoltori francesi ed europei.
·          La Francia  tassa questi 14 Paesi africani, investendo il 50% delle loro riserve (custodite presso la Banca centrale) in titoli di Stato francesi.

Al di là di ciò l’Africa rimane strategica per la Francia. Minacciata dall’espansione della Cina, ormai primo partner commerciale del Continente nero, ma insidiata anche dall’aggressiva concorrenza di India, Brasile e Turchia, decisi ad accaparrarsi le risorse africane, Parigi è determinata a difendere i suoi interessi con le unghie. In gioco ci sono l’uranio del Niger e della Repubblica Centroafricana, il petrolio del Gabon e del Ciad, le risorse agricole di altri Paesi, i metalli della Guinea Conakry.
A questi si aggiungano i legami culturali tra Africa e Francia: più di 100 milioni di africani parlano francese, la metà delle persone che parlano francese nel mondo. In Francia circa 4 immigrati su 10 arrivano dall’Africa, soprattutto dal Maghreb. Il legame – in molti aspetti controverso - che unisce l’Africa francofona e la Francia affonda le radici nei secoli. Ma resta un legame solido.
Quando lo ha ritenuto necessario, Parigi non ha mai esitato a intervenire militarmente nelle sue ex colonie. È accaduto in Costa d’Avorio durante la sanguinosa guerra civile che sconvolse il Paese del cacao tra il 2002 e il 2004. Poi è stata la volta del Ciad, nel 2006. Oltre alla missione Onu contro Gheddafi, sempre nel 2011 i militari francesi partecipavano nuovamente in Costa d’Avorio all’ultima offensiva catturando il presidente uscente, Laurent Gbagbo. Non finiva qui. L’avanzata jihadista in Mali ha spinto Parigi ad una nuova campagna militare nel 2013. La quale rispondeva ufficialmente alla guerra contro il terrorismo islamico. Ma vi era altro. Parigi non poteva permettersi di perdere le ricche miniere di uranio del vicino Niger. D’altronde la Francia ricava quasi l’80% della sua produzione di elettricità dall’uranio.
Eppure anno dopo anno il peso economico della Francia si è ridotto. Dal 2000 la quota di mercato dell’export verso l’Africa si è dimezzata passando dall’11 al 5,5 per cento. E dal 2017 non è più Parigi a guidare la classifica dei primi fornitori europei dell’Africa. Berlino l’ha scavalcata.

Il colonialismo moderno

·         Dal XIX secolo il colonialismo moderno si è volto allo sfruttamento delle risorse dei paesi colonizzati. La penetrazione coloniale nell’entroterra in Africa è avvenuta solitamente dopo spedizioni esplorative, che hanno dato idea delle risorse dei vasti territori. In seguito a ciò, le potenze europee decidono di impossessarsi dei territori africani per avere fonti di risorse prime, nonché avere importanti basi commerciali. Talora è importante anche l’idea di avere dominio su vasti territori dove poter inviare molti cittadini della madrepatria (che così si libera di una parte eccedente della propria numerosa popolazione).
·         Inizia allora l’espansione coloniale, che raggiunge il suo apice nella seconda metà del novecento.
·         1. Le potenze europee iniziano una vera e propria “corsa alle colonie”: ogni paese invia in Africa contingenti militari per occupare i vasti territori africani dell’entroterra, formalmente ancora appartenenti a nessuno secondo gli europei (l’Africa era dichiarata res nullius) e ciò permetteva agli europei di appropriarsene senza scrupoli e ufficialmente, poiché era territorio sotto nessuna giurisdizione. I territori venivano occupati sia con la forza sia con la diplomazia (concludendo trattati con i capi dei popoli africani, con cui cedevano la loro sovranità alle potenze europee). Successivamente, i territori occupati dalle truppe vengono proclamati colonie dalla madrepatria, che ora li considera come suo territorio.
·         2. Dopo la semplice occupazione per mano dei militari del territorio, la madrepatria decide gradualmente la creazione di un’amministrazione e un esercito nelle colonie, modellate secondo il modello europeo.
·         Ovviamente la madrepatria ha interesse a mantenere il potere per mezzo di queste creazioni; inizia così l’invio di cittadini bianchi della madrepatria, che diventano i detentori del potere nelle colonie e la loro classe dirigente (seppur sempre soggetta alle decisioni della madrepatria). Essi mantengono nelle proprie mani ogni posto di potere politico; infatti solo funzionari bianchi occupano le posizioni chiave di potere nell’amministrazione e nell’esercito delle colonie create dalla madrepatria. I bianchi occupavano anche ogni posto di potere economico; infatti i bianchi si arricchiscono impiantando ovunque imprese volte allo sfruttamento delle risorse delle colonie (latifondi e piantagioni, imprese minerarie ed industriali), impiegando come manodopera sottopagata gli indigeni locali. Ovviamente da ciò trae profitto economico la madrepatria, verso cui vengono esportate queste risorse. Il potere è in mano ai bianchi (sempre una minoranza rispetto alla popolazione indigena).
·         Il loro dominio è imposto alle popolazioni indigene nere, costrette ad accettarlo con la forza; ogni loro tentativo di resistenza era spezzato dalla violenza delle truppe coloniali bianche. Sull’atteggiamento dei bianchi verso i neri è determinante la convinzione razzistica dei colonizzatori bianchi di essere superiori alle popolazioni indigene. Ciò spiega le vessazioni e talora le atrocità che subiranno i neri da parte dei bianchi durante il colonialismo. Le truppe coloniali di tutti i paesi europei ricorrevano spesso, per incutere timore negli indigeni e sedare le loro ribellioni, a metodi spietati e atrocità, come la distruzione di villaggi, la cattura di ostaggi che subivano torture, esecuzioni di massa e massicce deportazioni. In certi paesi si arrivava addirittura allo sterminio di interi popoli indigeni che si erano dimostrati contrari al predominio.
·         Le popolazioni nere si ritrovano integrate nelle strutture politiche ed economiche create dai colonizzatori bianchi europei, trovandosi a loro sottomesse: esse sono perciò costrette ad accettare lingua, religione cristiana e cultura europea. Tuttavia le élite delle popolazioni indigene (come capi di tribù) spesso possono trarre alcuni vantaggi dal colonialismo: infatti essi possono avere qualche speranza di ascesa sociale. Per esempio essi possono presiedere a posti di non molta importanza nell’amministrazione coloniale creata dagli europei e assorbire la loro cultura, studiando presso scuole europee. Ma i ceti popolari neri sono completamente esclusi dalle decisioni politiche. Essi spesso sono ridotti ad essere dipendenti dai bianchi (come manodopera malpagata al loro servizio o soldati semplici nell’esercito coloniale), vivendo in condizione di povertà e ignoranza.
·         Il colonialismo ha quindi portato a un impoverimento dei popoli neri delle colonie, sia in termini economici sia in termini culturali (infatti, i bianchi hanno distrutto la cultura e lo stile di vita dei popoli indigeni neri, imponendo il proprio, e sfruttano le loro ricche risorse naturali). Inoltre la soggezione politica dei neri (imposta dai colonizzatori bianchi) impedisce loro di sviluppare una coscienza politica e nazionale e di essere capaci di governarsi autonomamente.

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