LA COSTITUZIONE ITALIANA
· Principi
fondamentali (articoli 1-12);
· Parte prima: "Diritti
e Doveri dei cittadini" (articoli 13-54);
VIVA LA
COSTITUZIONE ITALIANA ! DIFENDIAMO SEMPRE
LA COSTITUZIONE !
LA COSTITUZIONE E'
VERA E REALE DEMOCRAZIA , E' SALVAGUARDIA E
TUTELA DEI DIRITTI SOCIALI ED UMANI ,
E' LA DIFESA DELLA LIBERTA' CONTRO IL DOMINIO
DEI POTERI FORTI , AUTORITARI , SIA POLITICI , SIA FINANZIARI ,
E' LA BASE FONDAMENTALE SULLA QUALE LA PERSONA
UMANA POSSA VIVERE IN UNO STATO DI
DIRITTO E DI GIUSTIZIA , E SULLA QUALE UNA POLITICA DEVE E PUO’ RAPPRESENTARE
SVILUPPO CIVILE E SOCIALE DI UNA COMUNITA'.
QUANDO LA
POLITICA NON RISPETTA LA COSTITUZIONE , TRADISCE IL SUO POPOLO !
I Principi fondamentali
I primi
dodici articoli della Costituzione sono i "Principi fondamentali",
assenti negli statuti fondativi precedenti, che espongono lo spirito della
Costituzione.[54] In essi sono compresi alcuni dei
principi supremi della Costituzione che si ritrovano sottintesi in tutto il
testo. Altri principi supremi della Costituzione, come evidenziato dalla
giurisprudenza costituzionale, si trovano anche nella parte I e nella parte II
della Costituzione, come, ad esempio, il principio di indipendenza della magistratura. I principi supremi della
Costituzione non possono essere oggetto di modifica attraverso il procedimento
di revisione costituzionale previsto dai successivi articoli 138 e 139.[N 3]
Emblema
dell'Organizzazione
delle Nazioni Unite (ONU). La Costituzione Italiana riconosce e
garantisce i diritti inviolabili
dell'uomo come definiti dalla dichiarazione
universale dei diritti umani promulgata dall'ONU il 10 dicembre
1948.
La
Costituzione coglie la tradizione liberale e giusnaturalista nel testo dell'articolo 2: esso
infatti sancisce che "la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili
dell'uomo" come definiti dalla dichiarazione
universale dei diritti umani promulgata dall'Organizzazione
delle Nazioni Unite. Tali diritti sono considerati diritti naturali,
non creati giuridicamente dallo Stato, ma ad esso preesistenti.
Tale interpretazione è riferita alla parola "riconoscere" che implica
la preesistenza di un qualcosa.[55] I diritti inviolabili sono, così,
riconosciuti all'individuo sia considerato singolarmente sia nelle formazioni
sociali adeguate allo sviluppo della personalità e finalizzate alla tutela
degli interessi diffusi (interessi comuni ai diversi gruppi che si sviluppano
in forma associata). La tipologia raccoglie gruppi di diverse forme e aspetti,
ugualmente rilevanti e degni di tutela per l'ordinamento: associazioni
politiche, sociali, religiose, culturali, familiari.
Il principio
di laicità è stato enucleato dalla Corte
costituzionale con la nota sentenza n. 203 del 1989; in base ad esso
l'ordinamento italiano attribuisce valore e tutela alla religiosità umana come
comportamento apprezzato nella sua generalità ed astrattezza, senza alcuna
preferenza per qualsivoglia fede religiosa. Scaturisce dal "principio
personalista", di cui all'articolo 2 e dal "principio di
uguaglianza" (art. 3):
«La
Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come
singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e
richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica,
economica e sociale.»
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«Tutti i
cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza
distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni
politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica
rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto
la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della
persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori
all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.»
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L'articolo
19, enunciando il diritto di tutti a professare la propria fede religiosa, in
qualsiasi forma, individuale o associata, specifica il riconoscimento della
libertà religiosa come diritto inviolabile dell'uomo:
«Tutti
hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in
qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di
esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti
contrari al buon costume.»
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Per la
mediazione politica dell'Assemblea costituente, per la forte pressione della Chiesa cattolica attraverso i deputati democristiani,
si stabilì, all'articolo 7, che Stato italiano e Chiesa cattolica sono,
ciascuno nel proprio ordine, sovrani e indipendenti; all'articolo 8 che tutte
le confessioni religiose
sono egualmente libere e che a quelle diverse dalla cattolica veniva
riconosciuto lo stesso regime di rapporti con lo Stato, per tutelare le loro
specifiche esigenze, mediante accordi (le cd. "intese"). Riguardo al
principio di uguaglianza in materia religiosa, l'articolo 8 dichiara che tutte
le confessioni religiose, diverse da quella cattolica, sono egualmente libere
davanti alla legge:
«Tutte le
confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge. Le
confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi
secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l’ordinamento
giuridico italiano. I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla
base di intese con le relative rappresentanze.»
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Il
pluralismo è tipico degli stati democratici.[57] Nella Repubblica è riconosciuto e
tutelato il pluralismo delle
formazioni sociali (art. 2), degli enti politici territoriali (art. 5), delle minoranze linguistiche (art. 6), delle confessioni religiose
(art. 8), delle associazioni
(art. 18), di idee ed espressioni (art. 21), della cultura (art. 33, comma 1),
delle scuole (art. 33, comma 3), delle istituzioni universitarie e di alta
cultura (art. 33, comma 6), dei sindacati (art. 39) e dei partiti politici
(art. 49). È riconosciuta altresì anche la libertà delle stesse organizzazioni
intermedie, e non solo degli individui che le compongono, in quanto le
formazioni sociali meritano un ambito di tutela loro proprio. In ipotesi di
contrasto fra il singolo e la formazione sociale cui egli è membro, lo Stato
non dovrebbe intervenire. Il singolo, tuttavia, deve essere lasciato libero di
uscirne. Tra gli altri elementi caratterizzanti del principio democratico vi è
la preponderanza di organi elettivi e rappresentativi, il principio di
maggioranza ma con tutela delle minoranze (anche politiche), processi
decisionali (politici e giudiziari) trasparenti e aperti a tutti e,
soprattutto, il principio di sovranità popolare sancito dall'articolo 1, comma
2.
Nell'articolo
1, comma 1 ("L'Italia
è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro") e
nell'articolo 4, comma 2, vi sono riferimenti al principio lavorista, in cui il
lavoro non è solo un rapporto economico, ma anche
un valore sociale che nobilita l'uomo:
«L'Italia
è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al
popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.»
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«La
Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le
condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere
di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività
o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della
società.»
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Non è solo
un diritto, bensì anche un dovere che eleva il singolo e non serve a
identificare una classe. Ciò conferisce al disegno costituzionale una
sostanziale differenza rispetto allo stato liberale in cui la proprietà aveva
più importanza del lavoro. Questo riferimento al lavoro non va però inteso come
una norma giuridica,
che obbligherebbe lo Stato a tutelarlo nel dettaglio, bensì a un richiamo al principio ad esso collegato, che è fondativo
della società italiana.[58]
Mappa dei
comuni (delimitati da bordi bianchi) e regioni italiane (bordi neri)
Come è
affermato con chiarezza nell'articolo 3 della Costituzione italiana, tutti i
cittadini, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di
opinioni politiche, di condizioni sociali e personali, sono uguali davanti alla
legge (uguaglianza formale, comma 1). È compito dello Stato rimuovere gli
ostacoli che di fatto limitano l'eguaglianza sostanziale e impedisce agli
individui di sviluppare pienamente la loro personalità sul piano economico,
sociale e culturale (uguaglianza sostanziale, comma 2). Nello stesso primo
comma dedicato all'eguaglianza dinanzi alla legge, la Costituzione repubblicana
richiama la "pari dignità sociale", andando dunque oltre la mera
formulazione dell'eguaglianza liberale. Lo Stato ha il compito di aiutare le
associazioni e le famiglie, attraverso la solidarietà politica, economica e
sociale (art. 3 II comma, art. 2). Esso infatti deve rimuovere ogni ostacolo
che impedisca la formazione della persona umana:
«Tutti i
cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza
distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni
politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica
rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto
la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della
persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori
all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.»
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L'articolo 5
vieta ogni forma di secessione o di cessione territoriale ed è garantito dal
sacro dovere di difendere la patria (sancito dall'art. 52). Lo stesso articolo
assicura alle collettività territoriali
(Comuni, Province, Città
metropolitane, Regioni) una
forte autonomia
dallo Stato (con conseguente attribuzione di poteri normativi e amministrativi
propri), grazie alla quale i cittadini sono in grado di partecipare più da
vicino e con maggiore incisività alla vita politica del Paese.
«La
Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali;
attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento
amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle
esigenze dell'autonomia e del decentramento.»
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Da una prima
lettura di questi principi traspare la volontà del Costituente, che aveva
vissuto la tragica esperienza dell'oppressione nazi-fascista e della guerra di liberazione, di
prendere le distanze non solo dal regime fascista, ma anche dal precedente
modello di Stato liberale, le
cui contraddizioni e incertezze avevano consentito l'instaurazione della dittatura. Il tipo d'organizzazione statale
tracciato dal Costituente è quello dello Stato sociale di diritto che, per
garantire eguali libertà e dignità a tutti i cittadini, si fa carico di
intervenire attivamente in prima persona nella società e nell'economia. Il principio è rafforzato dall'articolo
57 che prevede l'elezione del Senato su base regionale.
Come viene
sancito dall'articolo 10, l'ordinamento italiano si conforma alle norme del diritto internazionale
generalmente riconosciute; ciò comporta un "rinvio mobile" ovvero un
adattamento automatico di tali norme nel nostro ordinamento.[59] Per quanto riguarda il rifiuto della
guerra come strumento di offesa, l'articolo 11 della Costituzione recita[60]:
«L'Italia
ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e
come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente in
condizioni di parità con gli altri Stati alle limitazioni di sovranità
necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le
nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale
scopo»
|
L'articolo
11 stabilisce quindi che la Repubblica consente l'uso di forze militari per la
difesa del territorio in caso di attacco militare da parte di altri paesi, ma
non con intenti espansionisti ed accetta una limitazione alla propria sovranità dando la possibilità all'Italia di
partecipare a una guerra in difesa di altre nazioni con le quali siano state
instaurate alleanze (ad esempio in caso di attacco armato a un paese membro
della NATO), e di ospitare truppe straniere sul proprio
territorio.
Dal rifiuto
della guerra come strumento di offesa non consegue il fatto che l'Italia non
possa partecipare a un conflitto, tant'è che gli articoli 78 e 87 della
Costituzione prescrivono quali organi dello Stato deliberano lo stato di guerra[60]. In particolare, per l'Italia, sono le
due
camere che decretano lo stato di guerra, che è poi formalmente
dichiarata dal Presidente della Repubblica; le camere conferiscono poi al governo
i poteri necessari per fronteggiare il conflitto[56]. Altro provvedimento straordinario in
caso di guerra è la durata della legislatura delle due camere, che può essere
eccezionalmente prorogata, come recita l'articolo 60 della Costituzione, oltre
i cinque anni canonici[56]. Allo stato di guerra si ricollegano
poi altre particolari eccezioni, come ad esempio l'articolo 27, che prevedeva
la pena di morte in
Italia in base al codice penale
militare di guerra (ora ergastolo), l'articolo 103, che determina la
giurisdizione dei tribunali militari
in tempo di guerra, e l'articolo 111, con cui non viene ammesso ricorso per
cassazione su sentenze emesse dai tribunali militari di guerra.
Inoltre
l'articolo 11 consente, in condizioni di parità con gli altri stati,
limitazioni alla sovranità nazionale, necessarie per assicurare una pacifica
coesistenza tra le Nazioni. A esso, la giurisprudenza costituzionale ricollega
la modalità di ingresso nell'ordinamento italiano del diritto
dell'Unione europea con valore di fonte sovraprimaria: «Questa
Corte, fin dalle prime occasioni nelle quali è stata chiamata a definire il
rapporto tra ordinamento nazionale e diritto comunitario, ne ha individuato il
“sicuro fondamento” nell'articolo 11 Cost. È in forza di tale parametro,
collocato non senza significato e conseguenze tra i principi fondamentali della
Carta, che si è demandato alle Comunità europee, oggi Unione europea, di esercitare in luogo degli
Stati membri competenze normative in determinate materie, nei limiti del
principio di attribuzione» (Corte costituzionale,
sentenza n. 227/2010).
L'articolo
12 definisce la bandiera nazionale italiana:
«La
bandiera della Repubblica è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a
tre bande[N 4] verticali di eguali dimensioni.»
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Nella
Costituzione della Repubblica Italiana non è invece specificato quale sia l'inno nazionale italiano. All'epoca della stesura
della carta costituzionale, Il Canto degli
Italiani di Goffredo Mameli e Michele Novaro, inno de facto della Repubblica Italiana dal 1946
al 2017, non aveva infatti raggiunto lo status di inno nazionale de iure, che avrebbe raggiunto soltanto 70
anni dopo, il 4 dicembre 2017[61].
Parte prima: diritti e doveri dei cittadini
La parte
prima è composta da 42 articoli, e si occupa dei "Diritti e dei Doveri dei
cittadini".
Gli articoli
dal 13 al 16 sono dedicati alle libertà individuali,
in cui si afferma che la libertà è un valore sacro e
quindi inviolabile (art. 13), che il domicilio è inviolabile (art. 14), che la corrispondenza è libera e segreta (art. 15), che
ogni cittadino può soggiornare e circolare liberamente nel Paese (art. 16); per
le limitazioni di queste libertà la carta costituzionale prevede una riserva di legge assoluta.[62] Le libertà collettive, affermate dagli articoli dal
17 al 21, garantiscono che i cittadini italiani hanno il diritto di riunirsi in
luoghi pubblici (con obbligo di preavviso all'autorità di pubblica sicurezza),
privati e aperti al pubblico (liberamente) (art. 17), e di associarsi
liberamente, che le associazioni che hanno uno scopo comune non devono andare
contro il principio democratico e del codice penale (art. 18), che ogni persona
ha il diritto di professare liberamente il proprio credo (art. 19), che ogni
individuo è libero
di professare il proprio pensiero, con la parola, con lo scritto e
con ogni altro mezzo di
comunicazione (art. 21).[63]
L'aula del maxiprocesso di
Palermo contro la mafia, alla fine degli anni 1980. La Costituzione
prevede dei diritti e fissa dei principi in ambito penale.
Dall'articolo
22 al 28 si affermano i principi e i limiti dell'uso legittimo della forza
(art. 23), il diritto attivo e passivo alla difesa in tribunale (art. 24), il principio di
legalità della pena (art. 25), le limitazioni all'estradizione dei cittadini (art. 26), il
principio di personalità nella responsabilità penale
(art. 27, comma 1), il principio della presunzione di non
colpevolezza (art. 27, comma 2), il principio di umanità e
rieducatività della pena (art. 27, comma 3) e l'esclusione della pena di morte (art. 27, comma 4);[64] infine la previsione della
responsabilità individuale del dipendente e funzionari pubblici e organicamente
estesa all'intero apparato, per violazione di leggi da parte di atto della pubblica
amministrazione, a tutela della funzione sociale e dei consociati
dagli illeciti, in materia civile (art. 28, comma 2), nonché, amministrativa e
penale (art. 28, comma 1).
La
Repubblica italiana riconosce la famiglia come società naturale fondata sul matrimonio, e afferma anche che è di dovere e
diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli (dall'art. 29 al 31). L'articolo
32 della Costituzione afferma che la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo
ed interesse della collettività. Afferma inoltre che "nessuno può essere
obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di
legge" e che la legge "non può in nessun caso violare i limiti
imposti dal rispetto della persona umana". I due successivi articoli, il
33 e il 34, affermano che l'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento; inoltre la scuola deve essere è aperta a tutti: quella
statale è gratuita, mentre quella privata è libera e senza oneri per lo Stato.[65]
Gli articoli
dal 35 al 47 assicurano la tutela del lavoro e la libertà di emigrazione (art. 35), il diritto al giusto salario (art. 36, comma 1), la durata massima
della giornata lavorativa (art. 36, comma 2), il diritto/dovere al riposo
settimanale (art. 36, comma 3), il lavoro femminile e minorile (art. 37), i
lavoratori invalidi, malati, anziani o disoccupati (art. 38), la libertà di
organizzazione sindacale (art. 39), il
diritto di sciopero (art. 40), la libertà di iniziativa
economica e i suoi limiti (art. 41), la proprietà
pubblica e privata, e la sua funzione sociale (art. 42), la possibilità ed i
limiti all'espropriazione
(art 43), la proprietà terriera
(art. 44), le cooperative e
l'artigianato (art. 45), la collaborazione tra i
lavoratori (art. 46) ed il risparmio (art. 47).[66]
I diritti e
doveri politici sono dichiarati dall'articolo 48 al 54. L'articolo 48 afferma
che sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la
maggiore età oltre anche che il diritto di voto è personale ed eguale, libero e
segreto, e che il suo esercizio è dovere civico ma l'astensione non è
sanzionata:[67]
«Sono
elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore
età. Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è
dovere civico. La legge stabilisce requisiti e modalità per l’esercizio del
diritto di voto dei cittadini residenti all'estero e ne assicura
l'effettività. A tale fine è istituita una circoscrizione Estero per
l’elezione delle Camere, alla quale sono assegnati seggi nel numero stabilito
da norma costituzionale e secondo criteri determinati dalla legge. Il diritto
di voto non può essere limitato se non per incapacità civile o per effetto di
sentenza penale irrevocabile o nei casi di indegnità morale indicati dalla
legge.»
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Dibattito
parlamentare alla Camera dei Deputati nel 1946
Con
l'articolo 49 si sancisce invece il principio della libertà di associarsi in partiti e
del pluripartitismo politico:
«Tutti i
cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere
con metodo democratico a determinare la politica nazionale.»
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Secondo
l'articolo 52, il cittadino ha il dovere nel concorrere alla difesa dello Stato,
prevedendo l'obbligatorietà del servizio militare
in Italia, ma solo nelle modalità e nelle limitazioni imposte dalla
legge, affermando contestualmente il principio giuridico
che l'ordinamento delle forze armate italiane
deve essere organizzato in base allo spirito repubblicano:[68]
«La difesa
della Patria è sacro dovere del cittadino. Il servizio militare è
obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge. Il suo adempimento non
pregiudica la posizione di lavoro del cittadino, né l'esercizio dei diritti
politici. L’ordinamento delle forze armate si informa allo spirito
democratico della Repubblica.»
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Gli articoli
53 e 54 identificano alcuni doveri dei cittadini, nello specifico il dovere di
concorrere alle spese pubbliche
pagando tasse e imposte (secondo il principio di progressività della tassazione),[69] il dovere di essere fedeli alla
Repubblica, alla Costituzione ed alle leggi, ed il dovere per chi esercita
funzioni pubbliche, di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento
nei casi previsti dalla legge:[70]
«Tutti i
cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la
Costituzione e le leggi. I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche
hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento
nei casi stabiliti dalla legge.»
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