mercoledì 7 agosto 2019

La Costituzione


LA  COSTITUZIONE ITALIANA
·  Principi fondamentali (articoli 1-12);
·  Parte prima: "Diritti e Doveri dei cittadini" (articoli 13-54);
VIVA LA COSTITUZIONE ITALIANA !  DIFENDIAMO  SEMPRE  LA  COSTITUZIONE  !
 LA COSTITUZIONE E' VERA E REALE DEMOCRAZIA , E' SALVAGUARDIA E TUTELA DEI DIRITTI SOCIALI ED UMANI ,
 E' LA DIFESA DELLA LIBERTA' CONTRO IL DOMINIO DEI POTERI FORTI , AUTORITARI , SIA POLITICI , SIA FINANZIARI ,
 E' LA BASE FONDAMENTALE SULLA QUALE LA PERSONA UMANA POSSA VIVERE IN UNO  STATO DI DIRITTO E DI GIUSTIZIA , E SULLA QUALE UNA POLITICA DEVE E PUO’ RAPPRESENTARE SVILUPPO CIVILE E SOCIALE DI UNA COMUNITA'.
 
QUANDO LA POLITICA NON RISPETTA LA COSTITUZIONE , TRADISCE IL SUO POPOLO  !
I Principi fondamentali
I primi dodici articoli della Costituzione sono i "Principi fondamentali", assenti negli statuti fondativi precedenti, che espongono lo spirito della Costituzione.[54] In essi sono compresi alcuni dei principi supremi della Costituzione che si ritrovano sottintesi in tutto il testo. Altri principi supremi della Costituzione, come evidenziato dalla giurisprudenza costituzionale, si trovano anche nella parte I e nella parte II della Costituzione, come, ad esempio, il principio di indipendenza della magistratura. I principi supremi della Costituzione non possono essere oggetto di modifica attraverso il procedimento di revisione costituzionale previsto dai successivi articoli 138 e 139.[N 3]

Emblema dell'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU). La Costituzione Italiana riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo come definiti dalla dichiarazione universale dei diritti umani promulgata dall'ONU il 10 dicembre 1948.
La Costituzione coglie la tradizione liberale e giusnaturalista nel testo dell'articolo 2: esso infatti sancisce che "la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo" come definiti dalla dichiarazione universale dei diritti umani promulgata dall'Organizzazione delle Nazioni Unite. Tali diritti sono considerati diritti naturali, non creati giuridicamente dallo Stato, ma ad esso preesistenti. Tale interpretazione è riferita alla parola "riconoscere" che implica la preesistenza di un qualcosa.[55] I diritti inviolabili sono, così, riconosciuti all'individuo sia considerato singolarmente sia nelle formazioni sociali adeguate allo sviluppo della personalità e finalizzate alla tutela degli interessi diffusi (interessi comuni ai diversi gruppi che si sviluppano in forma associata). La tipologia raccoglie gruppi di diverse forme e aspetti, ugualmente rilevanti e degni di tutela per l'ordinamento: associazioni politiche, sociali, religiose, culturali, familiari.
Il principio di laicità è stato enucleato dalla Corte costituzionale con la nota sentenza n. 203 del 1989; in base ad esso l'ordinamento italiano attribuisce valore e tutela alla religiosità umana come comportamento apprezzato nella sua generalità ed astrattezza, senza alcuna preferenza per qualsivoglia fede religiosa. Scaturisce dal "principio personalista", di cui all'articolo 2 e dal "principio di uguaglianza" (art. 3):
«La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.»
(Art. 2 della Costituzione della Repubblica Italiana[56])
«Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.»
(Art. 3 della Costituzione della Repubblica Italiana[56])
L'articolo 19, enunciando il diritto di tutti a professare la propria fede religiosa, in qualsiasi forma, individuale o associata, specifica il riconoscimento della libertà religiosa come diritto inviolabile dell'uomo:
«Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume.»
(Art. 19 della Costituzione della Repubblica Italiana[56])
Per la mediazione politica dell'Assemblea costituente, per la forte pressione della Chiesa cattolica attraverso i deputati democristiani, si stabilì, all'articolo 7, che Stato italiano e Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, sovrani e indipendenti; all'articolo 8 che tutte le confessioni religiose sono egualmente libere e che a quelle diverse dalla cattolica veniva riconosciuto lo stesso regime di rapporti con lo Stato, per tutelare le loro specifiche esigenze, mediante accordi (le cd. "intese"). Riguardo al principio di uguaglianza in materia religiosa, l'articolo 8 dichiara che tutte le confessioni religiose, diverse da quella cattolica, sono egualmente libere davanti alla legge:
«Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge. Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano. I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze.»
(Art. 8 della Costituzione della Repubblica Italiana[56])
Il pluralismo è tipico degli stati democratici.[57] Nella Repubblica è riconosciuto e tutelato il pluralismo delle formazioni sociali (art. 2), degli enti politici territoriali (art. 5), delle minoranze linguistiche (art. 6), delle confessioni religiose (art. 8), delle associazioni (art. 18), di idee ed espressioni (art. 21), della cultura (art. 33, comma 1), delle scuole (art. 33, comma 3), delle istituzioni universitarie e di alta cultura (art. 33, comma 6), dei sindacati (art. 39) e dei partiti politici (art. 49). È riconosciuta altresì anche la libertà delle stesse organizzazioni intermedie, e non solo degli individui che le compongono, in quanto le formazioni sociali meritano un ambito di tutela loro proprio. In ipotesi di contrasto fra il singolo e la formazione sociale cui egli è membro, lo Stato non dovrebbe intervenire. Il singolo, tuttavia, deve essere lasciato libero di uscirne. Tra gli altri elementi caratterizzanti del principio democratico vi è la preponderanza di organi elettivi e rappresentativi, il principio di maggioranza ma con tutela delle minoranze (anche politiche), processi decisionali (politici e giudiziari) trasparenti e aperti a tutti e, soprattutto, il principio di sovranità popolare sancito dall'articolo 1, comma 2.
Nell'articolo 1, comma 1 ("L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro") e nell'articolo 4, comma 2, vi sono riferimenti al principio lavorista, in cui il lavoro non è solo un rapporto economico, ma anche un valore sociale che nobilita l'uomo:
«L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.»
(Art. 1 della Costituzione della Repubblica Italiana[56])
«La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.»
(Art. 4 della Costituzione della Repubblica Italiana[56])
Non è solo un diritto, bensì anche un dovere che eleva il singolo e non serve a identificare una classe. Ciò conferisce al disegno costituzionale una sostanziale differenza rispetto allo stato liberale in cui la proprietà aveva più importanza del lavoro. Questo riferimento al lavoro non va però inteso come una norma giuridica, che obbligherebbe lo Stato a tutelarlo nel dettaglio, bensì a un richiamo al principio ad esso collegato, che è fondativo della società italiana.[58]

Mappa dei comuni (delimitati da bordi bianchi) e regioni italiane (bordi neri)
Come è affermato con chiarezza nell'articolo 3 della Costituzione italiana, tutti i cittadini, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni sociali e personali, sono uguali davanti alla legge (uguaglianza formale, comma 1). È compito dello Stato rimuovere gli ostacoli che di fatto limitano l'eguaglianza sostanziale e impedisce agli individui di sviluppare pienamente la loro personalità sul piano economico, sociale e culturale (uguaglianza sostanziale, comma 2). Nello stesso primo comma dedicato all'eguaglianza dinanzi alla legge, la Costituzione repubblicana richiama la "pari dignità sociale", andando dunque oltre la mera formulazione dell'eguaglianza liberale. Lo Stato ha il compito di aiutare le associazioni e le famiglie, attraverso la solidarietà politica, economica e sociale (art. 3 II comma, art. 2). Esso infatti deve rimuovere ogni ostacolo che impedisca la formazione della persona umana:
«Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.»
(Art. 3 della Costituzione della Repubblica Italiana[56])
L'articolo 5 vieta ogni forma di secessione o di cessione territoriale ed è garantito dal sacro dovere di difendere la patria (sancito dall'art. 52). Lo stesso articolo assicura alle collettività territoriali (Comuni, Province, Città metropolitane, Regioni) una forte autonomia dallo Stato (con conseguente attribuzione di poteri normativi e amministrativi propri), grazie alla quale i cittadini sono in grado di partecipare più da vicino e con maggiore incisività alla vita politica del Paese.
«La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento.»
(Art. 5 della Costituzione della Repubblica Italiana[56])
Da una prima lettura di questi principi traspare la volontà del Costituente, che aveva vissuto la tragica esperienza dell'oppressione nazi-fascista e della guerra di liberazione, di prendere le distanze non solo dal regime fascista, ma anche dal precedente modello di Stato liberale, le cui contraddizioni e incertezze avevano consentito l'instaurazione della dittatura. Il tipo d'organizzazione statale tracciato dal Costituente è quello dello Stato sociale di diritto che, per garantire eguali libertà e dignità a tutti i cittadini, si fa carico di intervenire attivamente in prima persona nella società e nell'economia. Il principio è rafforzato dall'articolo 57 che prevede l'elezione del Senato su base regionale.
Come viene sancito dall'articolo 10, l'ordinamento italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute; ciò comporta un "rinvio mobile" ovvero un adattamento automatico di tali norme nel nostro ordinamento.[59] Per quanto riguarda il rifiuto della guerra come strumento di offesa, l'articolo 11 della Costituzione recita[60]:
«L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente in condizioni di parità con gli altri Stati alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo»
(Art. 11 della Costituzione della Repubblica Italiana[56])
L'articolo 11 stabilisce quindi che la Repubblica consente l'uso di forze militari per la difesa del territorio in caso di attacco militare da parte di altri paesi, ma non con intenti espansionisti ed accetta una limitazione alla propria sovranità dando la possibilità all'Italia di partecipare a una guerra in difesa di altre nazioni con le quali siano state instaurate alleanze (ad esempio in caso di attacco armato a un paese membro della NATO), e di ospitare truppe straniere sul proprio territorio.
Dal rifiuto della guerra come strumento di offesa non consegue il fatto che l'Italia non possa partecipare a un conflitto, tant'è che gli articoli 78 e 87 della Costituzione prescrivono quali organi dello Stato deliberano lo stato di guerra[60]. In particolare, per l'Italia, sono le due camere che decretano lo stato di guerra, che è poi formalmente dichiarata dal Presidente della Repubblica; le camere conferiscono poi al governo i poteri necessari per fronteggiare il conflitto[56]. Altro provvedimento straordinario in caso di guerra è la durata della legislatura delle due camere, che può essere eccezionalmente prorogata, come recita l'articolo 60 della Costituzione, oltre i cinque anni canonici[56]. Allo stato di guerra si ricollegano poi altre particolari eccezioni, come ad esempio l'articolo 27, che prevedeva la pena di morte in Italia in base al codice penale militare di guerra (ora ergastolo), l'articolo 103, che determina la giurisdizione dei tribunali militari in tempo di guerra, e l'articolo 111, con cui non viene ammesso ricorso per cassazione su sentenze emesse dai tribunali militari di guerra.
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Bandiera normale o bandiera di dirittoLa bandiera d'Italia
Inoltre l'articolo 11 consente, in condizioni di parità con gli altri stati, limitazioni alla sovranità nazionale, necessarie per assicurare una pacifica coesistenza tra le Nazioni. A esso, la giurisprudenza costituzionale ricollega la modalità di ingresso nell'ordinamento italiano del diritto dell'Unione europea con valore di fonte sovraprimaria: «Questa Corte, fin dalle prime occasioni nelle quali è stata chiamata a definire il rapporto tra ordinamento nazionale e diritto comunitario, ne ha individuato il “sicuro fondamento” nell'articolo 11 Cost. È in forza di tale parametro, collocato non senza significato e conseguenze tra i principi fondamentali della Carta, che si è demandato alle Comunità europee, oggi Unione europea, di esercitare in luogo degli Stati membri competenze normative in determinate materie, nei limiti del principio di attribuzione» (Corte costituzionale, sentenza n. 227/2010).
L'articolo 12 definisce la bandiera nazionale italiana:
«La bandiera della Repubblica è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a tre bande[N 4] verticali di eguali dimensioni.»
(Art. 12 della Costituzione della Repubblica Italiana[56])
Nella Costituzione della Repubblica Italiana non è invece specificato quale sia l'inno nazionale italiano. All'epoca della stesura della carta costituzionale, Il Canto degli Italiani di Goffredo Mameli e Michele Novaro, inno de facto della Repubblica Italiana dal 1946 al 2017, non aveva infatti raggiunto lo status di inno nazionale de iure, che avrebbe raggiunto soltanto 70 anni dopo, il 4 dicembre 2017[61].
Parte prima: diritti e doveri dei cittadini
La parte prima è composta da 42 articoli, e si occupa dei "Diritti e dei Doveri dei cittadini".
Gli articoli dal 13 al 16 sono dedicati alle libertà individuali, in cui si afferma che la libertà è un valore sacro e quindi inviolabile (art. 13), che il domicilio è inviolabile (art. 14), che la corrispondenza è libera e segreta (art. 15), che ogni cittadino può soggiornare e circolare liberamente nel Paese (art. 16); per le limitazioni di queste libertà la carta costituzionale prevede una riserva di legge assoluta.[62] Le libertà collettive, affermate dagli articoli dal 17 al 21, garantiscono che i cittadini italiani hanno il diritto di riunirsi in luoghi pubblici (con obbligo di preavviso all'autorità di pubblica sicurezza), privati e aperti al pubblico (liberamente) (art. 17), e di associarsi liberamente, che le associazioni che hanno uno scopo comune non devono andare contro il principio democratico e del codice penale (art. 18), che ogni persona ha il diritto di professare liberamente il proprio credo (art. 19), che ogni individuo è libero di professare il proprio pensiero, con la parola, con lo scritto e con ogni altro mezzo di comunicazione (art. 21).[63]
L'aula del maxiprocesso di Palermo contro la mafia, alla fine degli anni 1980. La Costituzione prevede dei diritti e fissa dei principi in ambito penale.
Dall'articolo 22 al 28 si affermano i principi e i limiti dell'uso legittimo della forza (art. 23), il diritto attivo e passivo alla difesa in tribunale (art. 24), il principio di legalità della pena (art. 25), le limitazioni all'estradizione dei cittadini (art. 26), il principio di personalità nella responsabilità penale (art. 27, comma 1), il principio della presunzione di non colpevolezza (art. 27, comma 2), il principio di umanità e rieducatività della pena (art. 27, comma 3) e l'esclusione della pena di morte (art. 27, comma 4);[64] infine la previsione della responsabilità individuale del dipendente e funzionari pubblici e organicamente estesa all'intero apparato, per violazione di leggi da parte di atto della pubblica amministrazione, a tutela della funzione sociale e dei consociati dagli illeciti, in materia civile (art. 28, comma 2), nonché, amministrativa e penale (art. 28, comma 1).
La Repubblica italiana riconosce la famiglia come società naturale fondata sul matrimonio, e afferma anche che è di dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli (dall'art. 29 al 31). L'articolo 32 della Costituzione afferma che la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo ed interesse della collettività. Afferma inoltre che "nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge" e che la legge "non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana". I due successivi articoli, il 33 e il 34, affermano che l'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento; inoltre la scuola deve essere è aperta a tutti: quella statale è gratuita, mentre quella privata è libera e senza oneri per lo Stato.[65]
Gli articoli dal 35 al 47 assicurano la tutela del lavoro e la libertà di emigrazione (art. 35), il diritto al giusto salario (art. 36, comma 1), la durata massima della giornata lavorativa (art. 36, comma 2), il diritto/dovere al riposo settimanale (art. 36, comma 3), il lavoro femminile e minorile (art. 37), i lavoratori invalidi, malati, anziani o disoccupati (art. 38), la libertà di organizzazione sindacale (art. 39), il diritto di sciopero (art. 40), la libertà di iniziativa economica e i suoi limiti (art. 41), la proprietà pubblica e privata, e la sua funzione sociale (art. 42), la possibilità ed i limiti all'espropriazione (art 43), la proprietà terriera (art. 44), le cooperative e l'artigianato (art. 45), la collaborazione tra i lavoratori (art. 46) ed il risparmio (art. 47).[66]
I diritti e doveri politici sono dichiarati dall'articolo 48 al 54. L'articolo 48 afferma che sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età oltre anche che il diritto di voto è personale ed eguale, libero e segreto, e che il suo esercizio è dovere civico ma l'astensione non è sanzionata:[67]
«Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età. Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico. La legge stabilisce requisiti e modalità per l’esercizio del diritto di voto dei cittadini residenti all'estero e ne assicura l'effettività. A tale fine è istituita una circoscrizione Estero per l’elezione delle Camere, alla quale sono assegnati seggi nel numero stabilito da norma costituzionale e secondo criteri determinati dalla legge. Il diritto di voto non può essere limitato se non per incapacità civile o per effetto di sentenza penale irrevocabile o nei casi di indegnità morale indicati dalla legge.»
(Art. 48 della Costituzione della Repubblica Italiana[56])
Dibattito parlamentare alla Camera dei Deputati nel 1946
Con l'articolo 49 si sancisce invece il principio della libertà di associarsi in partiti e del pluripartitismo politico:
«Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale.»
(Art. 49 della Costituzione della Repubblica Italiana[56])
Secondo l'articolo 52, il cittadino ha il dovere nel concorrere alla difesa dello Stato, prevedendo l'obbligatorietà del servizio militare in Italia, ma solo nelle modalità e nelle limitazioni imposte dalla legge, affermando contestualmente il principio giuridico che l'ordinamento delle forze armate italiane deve essere organizzato in base allo spirito repubblicano:[68]
«La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino. Il servizio militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge. Il suo adempimento non pregiudica la posizione di lavoro del cittadino, né l'esercizio dei diritti politici. L’ordinamento delle forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica.»
(Art. 52 della Costituzione della Repubblica Italiana[56])
Gli articoli 53 e 54 identificano alcuni doveri dei cittadini, nello specifico il dovere di concorrere alle spese pubbliche pagando tasse e imposte (secondo il principio di progressività della tassazione),[69] il dovere di essere fedeli alla Repubblica, alla Costituzione ed alle leggi, ed il dovere per chi esercita funzioni pubbliche, di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi previsti dalla legge:[70]
«Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi. I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge.» 
(Art. 54 della Costituzione della Repubblica Italiana[56])

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