“ MAI PIU’ LE MAFIE
“
CONTRO LE MAFIE , LE SOPRAFFAZIONI , GLI ABUSI , LE VIOLENZE
La rivolta effettiva , fatta attraverso
reali comportamenti e di denunce contro le varie mafie , contro i soprusi ,
contro le violenze , contro i traffici di droghe , dovrebbe sorgere
sistematicamente nelle piazze , nelle strade , nei luoghi di lavoro e anche fra
le mura domestiche , di tutte le città d'Italia ,Nord ,centro e sud,
coinvolgendo tutti i cittadini , in centinaia di migliaia , non solo gli
immigrati, di Ballarò ( Palermo ) .........Soltanto così potrebbero crearsi alti
muri e barriere , tutte intorno ai mafiosi , che li ridurrebbero in un fatale,
drastico isolamento dalla società civile . Purtroppo, però, ciò sarà difficile
che possa accadere, sino a quando ancora vi siano centinaia di migliaia di
cittadini che chiudono le finestre per non vedere, per non sentire, per non
voler parlare su fatti nefandi , su violenze , su ingiustizie e sopraffazioni
di cui sono vittime o testimoni . Se tutta la cittadinanza italiana , quella
onesta , ( compresi gli immigrati ) volessero sconfiggere le mafie , potrebbero
riuscirvi e lo Stato ( cioè magistrati e forze dell'ordine ) farebbero la parte
meno difficile, anche se complessa, cioè quella di raccogliere tutte le denunce
e le testimonianze e procedere a processi e condanne esemplari......Quando
verrà quel giorno , se verrà , verrà la luce che squarcerà il buio della paura
, dell'angoscia per tanti onesti e pacifici cittadini , padri di famiglia ,
lavoratori , imprenditori , altrimenti sarà sempre più il male a prevalere , e
a provocare dolore e disperazione per quelle vittime innocenti , che
resterebbero sempre in una infelice posizione di minoranza rispetto a tutti gli
altri cittadini. Ma la violenza e la sopraffazione mafiosa è un male che non
risparmia nessuno, chi più, chi meno, direttamente o indirettamente . Questo
dovrebbe essere ben capito da ogni cittadino!
" Onestà , Legalità , Giustizia
"
"Se la gioventù le negherà il
consenso, anche l'onnipotente e misteriosa mafia svanirà come un incubo."
[Paolo Borsellino]
“ La mafia è un fenomeno umano e come
tutti i fenomeni umani ha un principio, una sua evoluzione e avrà quindi anche
una fine." [Giovanni Falcone]
Una cosa è la definizione giuridica di mafia e di
associazione mafiosa, un'altra cosa è il suo profilo morale , la sua natura
malefica , che è presente e reale , come associazione criminale , ma anche e
soprattutto come comportamenti e mentalità nell' ambito sociale e individuale .
Probabilmente nessuna sentenza potrà mai condannare una persona come mafiosa
solo per il suo modo di essere arrogante e violento , ma ciò non vuol dire che
non sia qualificabile mafiosa e condannabile sotto l'aspetto morale ed umano.
Autoriciclaggio
e le Mafie
Le varie
“ mafie “ non potranno mai essere debellate sino
a quando le loro risorse economiche e finanziarie troveranno coperture e
complicità da parte di istituti finanziari o società finanziarie , nel “
riciclaggio “ del denaro “sporco “ ; sino a quando lo Stato ,
attraverso i suoi Organi Politici ( Parlamento e Governo ) , continuerà
a non emettere e rendere operative
determinate leggi , che siano veramente efficaci al fine di colpire
in modo definitivo e radicale al cuore ogni tipo di mafia
. Cioè , non solo individuando le vie e le coperture che
consentono il deposito e l’accumulo di ingenti somme di denaro “ sporco “ , ma
fondamentalmente utilizzando sino in fondo gli
strumenti giuridici del Sequestro e della
Confisca di tutti i loro beni economici e finanziari
.
Per tali
motivi , è estremamente importante l’emissione di una chiara
legge sullo “ Autoriciclaggio “ che contempli pene severe nei
confronti di chi commette tale reato.
la mappa dei clan
Mafia,
‘ndrangheta, camorra: la mappa dei clan
Dal traffico di droga agli affari
sugli appalti. Dalle estorsioni all'usura. Nel nostro Paese è ancora fitta la
rete di famiglie e cosche dedite alle peggiori attività illecite. Soprattutto
al Sud. Ecco l'elenco dei gruppi criminali attivi in Sicilia, Calabria,
Campania, Puglia e Basilicata. Comune per comune
Traffico illecito di armi e droga, estorsioni ad
imprenditori e commercianti, riciclaggio e reinvestimento di
denaro sporco, affari su piccoli e grandi appalti pubblici. In
diverse aree del nostro Paese la criminalità organizzata continua
ad esercitare un controllo più o meno stringente del territorio,
in particolare nelle regioni meridionali, storicamente più colpite dal
fenomeno. L’ultimo (ennesimo) allarme arriva dalla relazione semestrale del ministero
dell’Interno sull’attività svolta e i risultati conseguiti dalla
Dia, Direzione Investigativa Antimafia (organo investigativo
del Viminale). Il rapporto, diffuso la scorsa settimana e relativo al primo
semestre 2014, ci consegna ancora una volta una mappa dettagliata
delle centinaia di clan e famiglie di mafia, ‘ndrangheta e camorra che
operano in Sicilia, Calabria, Campania, Puglia e Basilicata,
e che spesso estendono fino al Nord il loro raggio di azione. Ecco quali,
provincia per provincia.
LA
MAFIA
PALERMO – Nella provincia di Palermo – descrive
la relazione del ministero dell’Interno – Cosa Nostra è
impegnata in una costante opera di consolidamento della sua
struttura, sia sotto il profilo militare che economico,
autofinanziandosi soprattutto attraverso la gestione di traffici
illeciti, il riciclaggio e il reinvestimento di
denaro sporco. Sarebbe, quella attuale, una fase di riorganizzazione legata
all’arresto di alcuni vecchi capi mandamento e capi famiglia e derivante dal
fatto che non tutti i nuovi reggenti dei gruppi criminali sembrano possedere
l’autorevolezza necessaria. Stando a quanto riporta la Dia, si registrano
dunque nell’area difficoltà a compattare le nuove leve e ad attuare le
strategie criminali, spesso rimesse in discussione dall’arresto o dalla
scarcerazione di alcuni boss. Il territorio provinciale risulta ora diviso
in 14 mandamenti, 8 dei quali in città, e 79 famiglie,
di cui 34 in città.
Tra le attività principali della mafia palermitana vengono
segnalate, oltre al riciclaggio, la frode nella
distribuzione di carburanti e il traffico e la produzione di stupefacenti.
In particolare, il narcotraffico risulta essere una delle
maggiori fonti di finanziamento. L’approvvigionamento
verrebbe garantito dalla joint venture con associazioni criminali radicate
in Calabria e in Campania e dirette referenti
dei fornitori. Non sono mancati, infine, episodi di contiguità tra mafia e politica che
hanno determinato lo scioglimento di alcuni consigli comunali.
AGRIGENTO – Cosa Nostra agrigentina,
articolata su 7 mandamenti, ha confermato un ruolo di rilievo nei
confronti di altre consorterie criminali nella provincia, riuscendo anche a
mantenere un ruolo di rispetto nella gerarchia mafiosa della regione. Come a
Palermo, però, anche ad Agrigento continua una ricerca di nuovi equilibri, che
scaturisce dagli arresti degli anni scorsi e dalle scarcerazioni di vecchi
capi. L’organizzazione è comunque verticistica e unitaria,
ed interessata prevalentemente al traffico di stupefacenti ed all’acquisizione
di denaro pubblico, con un forte predominio territoriale esercitato
attraverso l’attività estorsiva. Il pizzo viene imposto
ad imprenditori attivi in svariati settori. I proventi vengono poi reinvestiti,
attraverso insospettabili prestanome, in attività apparentemente
legali, con lo scopo di sottrarre gli illeciti guadagni all’azione di sequestro e confisca da
parte dello Stato. Si registrano anche intimidazioni nei
confronti di amministratori ed esponenti politici, ovvia
dimostrazione un forte e costante interesse a condizionare le
decisioni di carattere politico-amministrativo.
TRAPANI – La provincia di Trapani rimane
feudo del super ricercato Matteo Messina Denaro, considerato
esponente di spicco dell’intera cupola di Cosa Nostra. Nell’area nel primo
semestre 2014 – dice il rapporto del Viminale – non sono emersi mutamenti
dell’organizzazione e della struttura mafiosa, che resta articolata in 4
mandamenti e 17 famiglie. La Dia registra un’operatività
di sodalizi mafiosi della provincia caratterizzati da basso profilo di
esposizione, e interessati a perseguire una sorta di strategia dell’inabissamento.
Messina Denaro, capo del mandamento di Castelvetrano può
vantare una fitta rete di protezione e
favoreggiamento, anche attraverso interposizioni nella gestione di beni e
affari. Gli interessi, invece, sembrano focalizzati sul controllo delle
attività imprenditoriali e degli appalti pubblici, nel racket delle estorsioni,
con relativi atti di danneggiamento, nel traffico di droga e in attività
di corruzione per la penetrazione nella pubblica
amministrazione.
CALTANISSETTA – A Caltanissetta e
provincia Cosa Nostra appare articolata in 4 mandamenti e
risulta interessata soprattutto alle estorsione, all’infiltrazione negli
appalti pubblici (con pressioni esercitate sugli amministratori) ed allo
spaccio e traffico di droga esercitato non necessariamente attraverso canali di
rifornimento e personaggi propri, ma anche provenienti da altri territori.
Nell’area, a differenza della maggior parte delle province, si registra una
presenza significativa della Stidda, organizzazione mafiosa ben
distinta da Cosa Nostra, con influenza in particolare dei comprensori di Gela e Niscemi.
E si conferma, inoltre, la propensione della Stidda all’accordo sistematico con
le famiglie di Cosa Nostra attive nello stesso territorio, per un’equa
ripartizione dei proventi delle attività illecite.
ENNA – Accade qualcosa di diverso, invece,
ad Enna, nella cui provincia, a causa dell’assenza di una guida
mafiosa costante e univoca, si vivono fasi alterne di
prevalenza della componente nissena o di quella etnea. La Dia, ad esempio, nel
periodo tra gennaio e giugno 2014 ha rilevato, nel comune di Catenanuova,
l’operatività, al fianco delle storiche famiglie di Cosa Nostra ennesi (ora
prive di personaggi dotati di carisma criminale) di un gruppo di diretta
emanazione del clan Cappello di Catania. Per quanto concerne
le attività illecite svolte, invece, anche quest’area si mostra in linea con il
trend della regione, con il traffico di droga diventato negli ultimi due anni
la fonte principale di reddito.
CATANIA – A Catania i rapporti
di forza tra sodalizi criminali sembrano non essere mutati. La Dia riferisce di
una convivenza pacifica tra le famiglie e di equilibrio tra
due schieramenti egemoni. Come a Trapani e in altre province, anche in
quest’area i gruppi mafiosi sono bene attenti a mantenere ultimamente un basso
profilo, privilegiando l’obiettivo a farsi impresa. Accanto alle tradizionali
attività illecite, come estorsioni, usura e
traffico di stupefacenti, l’organizzazione investe e ricicla, anche nei circuiti
finanziari. Per quanto riguarda la commercializzazione della droga, essa
risulta in mano prevalentemente al clan Cappello, che contende una cospicua
fetta di guadagni al clan rivale Santapaola. A
Catania il fenomeno dello spaccio sembra aver raggiunto un’elevatissima
pervasività con interi isolati, se non quartieri cittadini,
che vivono di questo tipo di attività illecita. Vista la perdurante crisi
economica, i clan non hanno particolari difficoltà ad arruolare nuova giovane
manovalanza, attratta da facili guadagni. Ovviamente nemmeno a Catania
viene trascurato l’affare dell’infiltrazione nella pubblica
amministrazione e della gestione di denaro pubblico attraverso l’aggiudicazione
di appalti, subappalti, forniture e servizi.
SIRACUSA – Nella provincia di Siracusa l’organizzazione
mafiosa continua ad essere asservita alle logiche e alle strategie
di Cosa Nostra catanese. Anche qui, come ad Enna, mancano
personalità carismatiche in grado di assumere ruoli di comando. Si registra una
situazione di convivenza apparentemente pacifica tra
i gruppi criminali attivi nell’area. Principali attività sono quella estorsiva
e il traffico di stupefacenti, che sembra comunque essere limitato all’approvvigionamento dalla piazza
catanese.
RAGUSA – Gli influssi dei sodalizi
catanesi (e di quelli nisseni) si fanno sentire anche
nel territorio ragusano, specialmente nel versante occidentale,
a Vittoria, Scicli, Comiso. Ancora una
volta si registra, come a Caltanissetta, il peso della Stidda, alla
quale è affiliato il clan Dominante-Carbonaro. È legato a
Cosa Nostra, invece, il clan Piscopo. I capi mafiosi sembrano
comunque dotati di scarso spessore criminale, ma riescono
tuttavia, tra una detenzione e l’altra, a compattare intorno a sè estemporanei
sodalizi per la gestione degli affari illeciti.
MESSINA – Nella provincia di Messina lo
scenario mafioso è notoriamente caratterizzato dalla presenza di gruppi
delinquenziali privi dello spessore dei sodalizi palermitani o catanesi. Si
registra però l’influenza della ‘ndrangheta, in ragione
della vicinanza geografica alla Calabria.
A dominare la fascia tirrenica è il clan
dei Barcellonesi, molto radicato e in grado di esercitare un forte
condizionamento. Il sodalizio è caratterizzato da una solida organizzazione con
ripartizione delle competenze tra famiglie e metodi operativi omologhi a quelli
di Cosa Nostra palermitana, con la quale rimane in rapporti nella gestione
degli affari. Oltre alle consuete attività estorsiva, di traffico di
stupefacenti, e di gestione degli appalti, nel primo semestre 2014 la Dia ha
rilevato nella provincia un nuovo interesse per lo sfruttamento della prostituzione.
Sono comunque attivi nel territorio anche soggetti che operano in autonomia
avvalendosi dei metodi mafiosi.
LA N' DRANGHETA
REGGIO CALABRIA – Per quanto concerne la Calabria - spiega
la relazione del ministero – la ‘ndrangheta ha dimostrato nel
primo semestre 2014 una crescente capacità di infiltrarsi nella sfera
politico-amministrativa degli enti locali. La regione detiene
un primato del numero di provvedimenti di scioglimento di comuni per infiltrazione
mafiosa, e le ‘ndrine hanno dimostrato capacità di penetrare nelle realtà
politico-amministrative anche lontano dal territorio di origine (lo
testimoniano le note recenti inchieste sulla mafia al Nord). A Reggio
Calabria la dislocazione delle cosche è caratterizzata dall’esistenza
di un organismo direttivo, denominato Provincia,
e 3 mandamenti a competenza areale: il mandamento Tirrenico,
il mandamento Centro e il mandamento Ionico. Per quanto riguarda il mandamento
Tirrenico, il porto di Gioia Tauro si conferma luogo di
transito della cocaina proveniente dal Sud America.
Sulla base dei dati in possesso della Dia, i sequestri operati nello scalo
portuale hanno permesso di intercettare 980 kg di cocaina e circa 10 tonnellate
di tabacchi di contrabbando. Nell’area di Gioia Tauro si segnala l’influenza
della cosca Molè, un tempo alleata con i Piromalli.
Mentre nel comprensorio di Rosarno e San
Ferdinando è attiva la cosca Pesce-Bellocco.
Sulla città di Reggio Calabria, nel mandamento
Centro, si segnala ancora la posizione di supremazia delle storiche cosche
cittadine De Stefano, Condello, Libri e Tegano.
A Sud del capoluogo opera, invece, la cosca Ficara-Latella.
Nei rioni Modena e Ciccarello si registra
l’attività del sodalizio Borghetto-Caridi-Zindato e
Rosmini. Nel quartiere di Santa Caterina, infine, è attiva la
cosca Lo Giudice.
Relativamente al mandamento Ionico, la Dia
segnala l’attività, nel comune di Monasterace, ed in quelli
limitrofi di Stilo, Riace, Caulonia e Camini,
della cosca Ruga, Metastasio, Leuzzi,
legata alla cosca Gallace, attiva a Guardavalle, in
provincia di Catanzaro.
Nel comune di Caulonia opera la cosca Vallelonga.
A Gioiosa Jonica è attiva la cosca Scali-Urbino,
federata con i Costa-Curciarello di Siderno.
CATANZARO – Nessuna novità per quanto riguarda la mappatura della Dia
relativa alla provincia di Catanzaro. Unica novità
di rilievo del primo semestre 2014 sarebbero – dice il rapporto del Viminale
- due operazioni che hanno disarticolato le cosche Giampà e Torcasio.
COSENZA – Sono sostanzialmente immutate rispetto al secondo semestre
2013 anche le zone di influenza dei gruppi criminali ‘ndranghetisti della provincia di Cosenza.
CROTONE – Per quanto riguarda l’area di Crotone la
Dia sottolinea il maggior peso della famiglia Grande Aracri, la
stessa dall’operazione della scorsa
settimana che ha condotto ad arresti di politici e imprenditori in
Emilia Romagna. In particolare la cosca avrebbe assunto il controllo di tutte
le attività illecite nella parte più a Nord della regione.
VIBO VALENTIA – Nella provincia di Vibo
Valentia, infine, conserva un ruolo egemone la cosca Mancuso di Limbadi,
nonostante negli ultimi anni sia stata colpita da diverse attività
investigative. Relativamente alle conflittualità tra sodalizi non sembrano
essere sopiti i contrasti tra i cosiddetti piscopiani della frazione
Piscopo e i Patania di Stefanaconi,
sostenuti dai Mancuso.
LA CAMORRA
NAPOLI – Anche in Campania vengono
sostanzialmente confermati assetti criminali consolidati e di ricerca di nuovi
equilibri tra clan colpiti da operazioni di polizia. Ma – come sottolinea il
ministro dell’Interno nella relazione semestrale – novità potrebbero arrivare
dall’area casertana. Il clan dei Casalesi, infatti, sembra in
difficoltà operativa alla luce della decisione del super boss Antonio
Iovine di collaborare con la giustizia. Il pentimento del capo clan
potrebbe avere ripercussioni sugli equilibri del sodalizio. Per quanto concerne
invece la redditività delle attività illecite, per la criminalità organizzata
campana quella più vantaggiosa è ancora rappresentata dal traffico di
stupefacenti. Si tratta del settore nel quale vengono operati i maggiori
investimenti per gli ingentissimi guadagni che ne
derivano. Va ricordato, in tal senso, quanto accaduto nell’area a Nord di
Napoli, centro nevralgico per l’approvvigionamento della droga, dove la fine
del predominio assoluto del clan Di Lauro negli anni scorsi ha
generato scontri tra gli altri gruppi che ne hanno in parte occupato lo spazio.
Nella zona centrale del capoluogo campano
rimane fitta la rete di clan camorristici operanti. Nel rione Forcella,
a causa di tensioni tra il clan Mazzarella ed un gruppo
discendente dello storico clan Giuliano, intenzionato ad assumere
il controllo dello spaccio di stupefacenti, si vive una situazione di instabilità.
Del gruppo criminale in ascesa farebbero parte giovani delle famiglie Stolder-Ferraiuolo-Brunetti-Sibillo,
che potrebbero contare sull’appoggio del clan Rinaldi di San
Giovanni a Teduccio, che è attivo nella zona orientale della città ma sta
estendendo la sua influenza anche nel quartiere Mercato, alle Case
Nuove, zona storica del gruppo Caldarelli, a sua volta satellite
del clan Mazzarella. Nei quartieri Vasto e Arenaccia,
nella zona Ferrovia e a Poggioreale, intanto,
continua l’egemonia incontrastata del clan Contini, dotato di
ottima capacità militare e politica di alleanze, come quella con il gruppo
Mallardo di Giugliano in Campania, i Licciardi di Secondigliano e
i Bidognetti della provincia di Caserta. I Contini sembrano
aver trovato un equilibrio con lo storico rivale clan Mazzarella. Nei quartieri
Spagnoli, invece, sono attivi i clan Mariano e Ricci,
quest’ultimo legato al gruppo D’Amico, operante nella zona
orientale della città, e due clan di recente formazione, Esposito e Saltalamacchia.
La Dia segnala che alcune sparatorie e intimidazioni sono sintomatici di
frizioni tra i gruppi Elia del Pallonetto a Santa
Lucia, Lepre del Cavone e Mariano, da una
parte, ed Esposito e Saltalamacchia dall’altra. Nella zona centrale di Napoli,
inoltre, si segnala il ritorno di esponenti delle famiglie Tolomelli e Vastarella,
storicamente legate ai Licciardi e feroci antagoniste del clan Misso.
Famiglie che hanno l’ambizione di riprendere il controllo di parte
del quartiere Sanità, cercando appoggi con i Contini. Il quartiere
Sanità, infatti, dopo la disarticolazione del clan Misso, è diventato teatro di
accesa conflittualità per la perdita dell’egemonia da parte degli storici
gruppi camorristici. Ora si registra l’attività del clan Lo Russo del quartiere
Miano e del gruppo Savarese-Sequino, in cerca di
alleati e intenzionato ad accordi con le nuove generazioni della famiglia
Giuliano. A Poggioreale, intanto, la dissoluzione del clan
Sarno ha condotto ad uno scontro tra un gruppo di ex affiliati, ora
legati al sodalizio criminale Casella, ed al clan Cuccaro di Barra,
federato con la famiglia De Micco. A San Ferdinando, invece, nella
zona Chiaia, è attivo il clan Piccirillo, legato al gruppo
Licciardi e Strazzullo, e presente anche nella zona Posillipo,
considerata a sua volta territorio franco per il riciclaggio di clan della zona
nord orientale del capoluogo e di Napoli centro, in particolare dei gruppi
Licciardi, Mazzarella e Calone. Al Pallonetto a Santa Lucia,
infine, è in corso una lotta per il predominio tra famiglia Ricci dei
Quartieri Spagnoli e gli Elia di Santa Lucia.
Per quanto riguarda la zona settentrionale di
Napoli, nei quartieri Vomero ed Arenella domina
il clan Cimmino, controllando sia la zona Arenella-Conte
della Cerra sia la zona Rione Alto. Ma si registra
contemporaneamente anche la presenza dei Polverino di Marano
di Napoli, impegnati nel riciclaggio in attività commerciali. A Secondigliano e Scampia, Rione
Berlingieri, Miano, Piscinola e San
Pietro a Patierno, gli equilibri non sono stabili. Come afferma la
relazione del ministero dell’Interno, la geomorfologia appare fluida per la
rapidità con cui si creano rapporti di alleanza e forte antagonismo. Nei
suddetti quartieri l’attività di spaccio è molto intensa e redditizia. Si
segnala, dunque, la presenza in tutta l’area dei gruppi camorristici Amato-Pagano, Di
Lauro, Vanella-Grassi, Bocchetti, Licciardi, Lo
Russo e Abete-Abbinante-Aprea-Notturno.
L’area orientale della città comprende i
quartieri San Giovanni a Teduccio, Ponticelli e Barra.
A San Giovanni a Teduccio si contrappongono lo storico clan Mazzarella,
che conta sull’appoggio delle famiglie Formicola-Silenzio e D’Amico ed
il cartello composto dai gruppi Reale, Rinaldi e Altamura.
A Barra, invece, e nel rione Lotto Zero di Ponticelli, dopo
anni di egemonia del sodalizio Cuccaro-Aprea è in atto
un tentativo di conquista di spazio da parte del gruppo Amodio-Abrunzo,
formato da pregiudicati usciti dal suddetto clan e sostenuti dagli Abete-Notturno-Aprea e De
Micco, già legati ai Cuccaro. A Ponticelli è attivo il gruppo De Micco,
forte di una ampia disponibilità di armi e diventato referente per la fornitura
di stupefacenti di una gran parte dell’area orientale. Ai De Micco si
contrapporrebbe il clan D’Amico, formato da esponenti del dissolto clan
Sarno.
Per quanto concerne, poi, l’area occidentale di Napoli
si rileva un’elevata frammentazione delinquenziale che ha determinato faide
provocate dalla necessità di evitare sconfinamenti da parte di gruppi rivali.
Come riporta il rapporto del Viminale, A Soccavo opera la famiglia
Grimaldi, legata ad esponenti della malavita di Pianura e
del Rione Traiano. L’antagonista sarebbe il gruppo Vigilia,
formato da alcuni fuoriusciti dal clan. A Fuorigrotta, intanto,
opera il gruppo Zazo, al quale si sarebbero aggiunti i pochi
elementi liberi del clan Bianco, non più attivo. Il gruppo Zazo è
impegnato nel traffico di droga e nella contraffazione e risulta legato alla
famiglia Mazzarella. Nel Rione Traiano, invece, altra zona dove è
intenso lo spaccio di droga, si registra l’egemonia del clan Puccinelli,
favorito dall’assenza dalla scena dei suoi antagonisti, ovvero i capi del
contrapposto gruppo Leone-Cutolo, detenuti in esecuzione di
pesanti condanne. A Pianura sembra ridimensionato il clan
Lago, che ha ceduto spazio al gruppo Marfella. A Bagnoli, Agnano e
su parte della zona di Cavalleggeri d’Aosta permane, infine,
la presenza del clan D’Ausilio, anche se ridimensionato da arresti
e collaborazioni. Nella stessa area ha comunque acquistato spazio il gruppo scissionista Esposito,
originario di Secondigliano e legato alla famiglia Licciardi.
Nel versante occidentale della provincia si
registra l’egemonia dei Polverino a Quarto. Mentre
a Bacoli e Monte di Procida opera il clan
Pariante, dedito allo spaccio e legato agli Amato-Pagano di Secondigliano.
Per quanto concerne invece la zona settentrionale della provincia,
a Casavatore è attivo il gruppo Vanella-Grassi e
il clan Ferone. A Qualiano e Villaricca,
invece, gruppi locali sono interessati all’acquisizione di appalti pubblici,
alle estorsioni, al riciclaggio e al traffico di droga mediante importazione
dall’estero di ingenti quantitativi, ma d’intesa con altri clan. A Marano
di Napoli persiste l’egemonia del clan Polverino, presente
anche a Quarto e Villaricca e caratterizzato
da una forte vocazione imprenditoriale, che si manifesta, ad esempio, con
l’interesse nell’edilizia residenziale e nelle attività turistico-alberghiere.
Il clan Mallardo, alleato con i Bidognetti e i Contini, opera
incontrastato a Giugliano in Campania. Afragola è
invece il comune di origine del clan Moccia, egemone incontrastato
per la gestione e il controllo di tutte le attività illecite anche a Casoria, Caivano, Arzano, Cardito, Crispano, Frattamaggiore e Frattaminore,
e proiettato anche in altre regioni e all’estero. Ad Acerra e
dintorni si ritiene disarticolato il clan Crimaldi, così come
i clan De Sena e Di Falco-Di Fiore.
Pertanto, nella vasta area tra i comuni di Casalnuovo, San
Felice a Cancello e Santa Maria a Vico opererebbero
gruppi criminali non aventi connotazione tipica dei clan e dediti
prevalentemente ad estorsioni, spaccio e rapine.
Nell’area vesuviana e nolana si
registra il controllo delle attività illecite soprattutto da parte dei clan
Cava, originario di Quindici, nell’Avellinese, dei Fabbrocino di San
Giuseppe Vesuviano e dei Moccia di Afragola,
che hanno assorbito altre compagini criminali locali facendole diventare
proprie strutture satellite. Si conferma la forte vocazione imprenditoriale del
clan Fabbrocino, le cui ingenti disponibilità economiche avrebbero contribuito
al rafforzamento del vincolo di omertà dei suoi consociati. Ma non solo. la
relazione del ministero descrive che le capacità imprenditoriali di molti
affiliati hanno consentito al gruppo camorristico di penetrare nel settore
dell’abbigliamento e del commercio di alimenti in alcune regioni del Centro e
del Nord del Paese, come Lombardia, Emilia Romagna, Umbria e Marche. Intanto,
a Pomigliano d’Arco, Castello di Cisterna, Brusciano (dove
opera il clan Ianuale, presente anche a Mariglianella), Marigliano, Pollena
Trocchia, San Sebastiano al Vesuvio, Somma Vesuviana e Sant’Anastasia opera
il clan Castaldo-Anastasio. Nella stessa zona sono però attivi
anche pregiudicati di riferimento del clan Mazzarella, insediatisi nella zona
di Marigliano. A Somma Vesuviana, intanto, si segnala l’infiltrazione dei clan
Cuccaro e Rinaldi di Barra attraverso pregiudicati locali.
Infine, la fascia costiera a Sud di Napoli,
la provincia meridionale. A Portici e San
Sebastiano al Vesuvio il clan Vollaro detiene
l’egemonia assoluta delle estorsioni, del traffico di droga, del lotto
clandestino e dell’usura. Ad Ercolano, invece, si registra
l’attività, in contrapposizione, degli Ascione-Papale e
dei Birra-Iacomino. A San Giorgio a Cremano opera
il clan Abate, con proiezioni in Emilia Romagna. A Torre
del Greco i clan Falanga e Di Gioia.
A Torre Annunziata sono attivi i Gionta. Il
sodalizio Gallo-Limelli Vangone è presente sia a Torre
Annunziata che nei comuni di Boscoreale, Boscotrecase e Trecase.
A Castellammare e nei comuni vicini, infine, agiscono i clan D’Alessandro e Cesarano.
CASERTA – Come già detto, il clan dei
Casalesi, che domina gli affari illeciti nella provincia di Caserta,
deve fare i conti con la collaborazione con la giustizia del super boss Antonio
Iovine. Il gruppo criminale sta quindi vivendo una difficile fase di
transizione già affrontata qualche anno addietro, all’indomani della cattura
dei un altro esponente al vertice del sodalizio camorristico, Michele
Zagaria, in manette nel 2011. Tuttavia, non va dimenticato che i Casalesi
sono già riusciti in passato a rigenerarsi reclutando nuove leve da affiancare
a vecchi sodali, nonostante siano stati oggetto negli anni di un’efficace attività
di contrasto. Dunque, il clan casertano, sembra in questa fase intenzionato a
rafforzare la propria presenza nelle aree di influenza, invece che estendersi
in altre zone della provincia, zone in cui però si sta rafforzando la forza
criminale delle organizzazioni non federate nel cartello.
La fazione Bidognetti a quanto pare ha
ripreso a compiere estorsioni nei comuni di Parete, Teverola e Castel
Volturno. Il gruppo Schiavone, invece, risulta sempre molto
forte militarmente. Mentre il gruppo Zagaria viene considerato
pericoloso soprattutto per la capacità di infiltrazione in diversi settori
dell’economia, in particolare nella gestione dei servizi pubblici e negli
appalti (come ha dimostrato la recente operazione sulle gare per i lavori in un ospedale
casertano). Nella provincia, oltre ai gruppi federati ai Casalesi operano,
nella zona di Marcianise, il clan Belforte e
il gruppo Piccolo. I due clan mantengono con i Casalesi un rapporto
di non belligeranza.
SALERNO – Nella provincia di Salerno le
organizzazioni camorristiche sembrano caratterizzate da una struttura di tipo
orizzontale, con diversi centri decisionali e orientata prevalentemente al
raggiungimento di obiettivi immediati di finanziamento e non medio-lunghi.
Nell’area si registra una disaggregazione di vecchi cartelli
criminali e la coagulazione di nuovi gruppi sia in città che lontano dal
capoluogo. Nel dettaglio, a Bracigliano e a Mercato
San Severino si registra la presenza del clan Graziano,
originario di Quindici, in provincia di Avellino. A Salerno città
si conferma la ripresa dell’egemonia del gruppo Panella-D’Agostino. Nell’agro
nocerino-sarnese, in seguito alle azioni di contrasto degli anni scorsi, lo
scenario delinquenziale appare in fase di assestamento. La gestione del
traffico e dello spaccio di droga avviene attraverso alleanze con i gruppi
dell’area napoletana, in particolare di Castellammare di Stabia e Torre Annunziata.
A Pagani è attivo il sodalizio Fezza-D’Auria.
A Nocera Inferiore e Nocera Superiore, invece,
accanto allo storico clan Mariniello, si registra l’operosità di
gruppi formati da giovani pregiudicati già legati a sodalizi del vicino comune
di Pagani. È lo stesso che avviene ad Angri. A Cava de’ Tirreni,
oltre a soggetti criminali già legati al clan Bisogno, operano
pregiudicati che fanno riferimento al gruppo Celentano. Infine,
nella parte Sud della provincia, nella Piana
del Sele, risultano attivi gruppi criminali emergenti dediti
sia alle estorsioni che al traffico di stupefacenti.
BENEVENTO – Situazione stabile in
provincia di Benevento, dove si conferma l’egemonia del gruppo camorristico Sperandeo,
alleato con il clan Pagnozzi originario di San Martino Valle
Caudina, in provincia di Avellino, ma presente anche a Montesarchio, Airola e
paesi limitrofi. Il clan Pagnozzi agisce, tra l’altro, in sinergia con il gruppo
Saturnino-Bisesto di Sant’Agata de’ Goti e con
il sodalizio Iadanza-Panella attivo a Montesarchio Bonea, Bucciano, Castelpoto, Campoli
del Monte Taburno, Tocco Caudio, Cautano e Forchia.
Anche qui gli interessi variano dal traffico di droga all’usura, dalle
estorsioni alle infiltrazioni nell’affare degli appalti pubblici.
AVELLINO – Nell’Avellinese viene confermato il predominio
del clan Cava di Quindici, storico rivale
dei Graziano, originario dello stesso comune. Al momento non
vengono registrati episodi di conflittualità tra i due gruppi camorristici, ma
la scarcerazione di qualche esponente di spicco dell’uno o dell’altro clan
potrebbe rompere gli attuali equilibri. I Cava negli ultimi anni hanno
approfittato dell’indebolimento del clan Russo di Nola, in
provincia di Napoli, per proiettarsi in un nuovo territorio attraverso gruppi
satellite come i clan Giugliano e Sangermano (quest’ultimo
di San Paolo Belsito, Napoli). Nel comune di Avellino, intanto,
sembra riorganizzarsi la famiglia Galderi, mentre sono ancora in
carcere gli elementi di spicco del gruppo Genovese .
BARI – Per quanto concerne la Puglia, la Dia rileva
che il fenomeno criminale, grazie all’azione di contrasto e alla collaborazione
con la giustizia di alcuni affiliati alla Sacra Corona Unita,
appare oggi non unitario, ma disgregato e disomogeneo. La regione, infatti è
dunque caratterizzata dalla presenza di una pluralità di gruppi mafiosi,
caratterizzati da continui mutamenti, spesso legati anche a delle faide.
A Bari e in provincia, ad esempio, si registrano
tensioni legate alla ridefinizione degli equilibri criminali e delle posizioni
di vertice, che a volte degenerano in scontri cruenti. A restare operative sono
soprattutto giovani e ambiziose leve, che risultano però nello stesso tempo
anche inesperte e pericolose. I quartieri maggiormente interessati alle faide sono San
Paolo (dove emergono contrasti tra il clan Montani-Telegrafo e
il gruppo Mercande-Diomede), San Girolamo (teatro
di uno scontro tra i Lorusso e i Campanale)
e Libertà (dove hanno luogo contrasti interni al clan
Mercante). Situazioni invece stazionarie si registrano nei quartieri
di Carbonara e Ceglie del Campo (tra i
clan Di Cosola e Strisciuglio), nel Borgo
Antico (tra i Strisciuglio e i Capriati),
nel quartiere Madonnella (dove si registra la presenza del
clan Di Cosimo-Rafaschieri), e, infine, nel quartiere Japigia (dove
operano i clan Parisi e Palermiti). Le attività
illecite più diffuse sembrano essere quelle del traffico e dello spaccio di
stupefacenti e delle estorsioni ai danni dei commercianti.
Per quanto concerne la provincia di Bari,
poi, la Dia segnala la contrapposizione tra clan Conte-Cassano e Cipriano nella
città di Bitonto, il contrasto tra elementi del gruppo La
Selva e del gruppo Panarelli a Conversano,
e, in ultimo, l’egemonia del sodalizio Zonno a Toritto
BARLETTA-ANDRIA-TRANI – La provincia di Barletta-Andria-Trani si
caratterizza dalle altre per la diffusione di una specifica attività criminale:
le rapine agli autotrasportatori, spesso
realizzate su strade trafficate con tecniche paramilitari che possono prevedere
anche il sequestro lampo dei conducenti dei tir. In ogni caso si segnala la
presenza dei gruppi criminali Miccoli e Gallone-Carbone a Trinitapoli e
del sodalizio Pistillo-Pesce ad Andria.
FOGGIA – A Foggia e provincia le
organizzazioni criminali sono state ridimensionate da numerose inchieste
giudiziarie e da severe condanne. Ma solo in parte sono stati fermati gli
episodi di sangue, visto che la forte crisi economica favorisce
la costituzione di un serbatoio nell’ambito della criminalità comune dal quale
attingere manovalanza. Nel rapporto del Viminale si segnala la presenza del
clan Sinesi-Francavilla in città, in contatto con la
criminalità organizzata di San Severo.
LECCE - I gruppi criminali della provincia di Lecce erano
un tempo legati alla Sacra Corona Unita. Ora, dopo un’efficace azione di contrasto
attuata negli anni, i sodalizi non sono più organizzati in maniera
verticistica, limitandosi ad operare in sinergia, preferendo un profilo basso,
una strategia di inabissamento. Si segnala comunque la presenza in città del clan
Rizzo, capeggiato da uno storico boss della S.C.U. leccese. Il
gruppo è egemone soprattutto nel traffico di stupefacenti e nelle estorsioni. La
maggiore influenza viene esercitata nel rione Castromediano. In
provincia controlla invece i territori dei comuni di Cavallino, Lizanello, Melendugno, Merine, Vernole, Caprarica, Calimera e Martano.
BRINDISI – Sembra statico il contesto criminale anche nella provincia di Brindisi,
che negli ultimi anni ha subito un incisivo contrasto investigativo grazie
alla collaborazione con l’autorità giudiziaria della frangia brindisina e
mesagnese della Sacra Corona Unita. Nessuno dei fatti di
sangue verificatisi nell’area sembra comunque essere riconducibile a contrasti
tra cosche. Anche qui le principali attività illecite sono
rappresentate da traffico di stupefacenti ed estorsioni,
quest’ultime esercitate perlopiù attraverso pretese di piccole somme di denaro.
Ma si registrano anche usura e gestione degli apparecchi elettronici.
TARANTO – Gli assetti sono immutati anche a Taranto e
provincia, dove i gruppi criminali ricavano i maggiori introiti dal traffico di
droga, esercitato in sinergia con pregiudicati calabresi o baresi.
Molto diffusa l’attività estorsiva ai danni ai danni
di imprenditori, commercianti e artigiani, spesso vittima di attentati
dinamitardi o incendiari.
POTENZA E MATERA – In Basilicata viene rilevata la presenza
residuale di gruppi criminali che, dopo essere stati disarticolati nel tempo
dalle censure penali, non manifestano segnali palesi di vitalità. Questa
situazione agevola l’attività di gruppi omologhi provenienti dalle regioni
limitrofe. L’attività prevalente del traffico di droga riguarda
soprattutto l’area tirrenica, confinante con Calabria e Campania.
A Potenza si registra la presenza dei clan Cassotta, Di
Muro, Martucci, Rivezzi, Martorano e Stefanutti.
nella provincia di Matera, invece, si segnala nel primo semestre
2014 la presenza dei clan Scarcia, Mitidieri-Lopatriello e Zito-D’Elia.
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NOTA – La relazione del Ministero dell’Interno al
Parlamento sull’operato e i risultati conseguiti dalla Dia nel primo semestre
2014 non riguarda solamente famiglie e clan della criminalità
organizzata siciliana, calabrese, campana, pugliese e lucana,
ma anche le organizzazioni criminali straniere che operano sul
territorio nazionale (quella albanese, nordafricana, centrafricana, sub
sahariana, cinese, sudamericana, romena, russa).
Non mancano, inoltre, informazioni relative alle proiezioni
extraregionali ed internazionali delle cosche italiane.
MAFIA CAPITALE
IL RICICLAGGIO CRIMINALE
Dopo la droga e le armi, il traffico
illecito di opere d’arte è il terzo mercato più lucroso per le organizzazioni
criminali .
Un mercato da circa 78 milioni di euro, che nel 2012 si è
impennato del 39% rispetto al 2011. Dopo armi e droga il traffico illecito di
opere d’arte è stimato come il terzo mercato criminale più lucroso, con
profitti globali stimati intorno agli 8 miliardi di euro. «L’investimento o il
reinvestimento di capitali illeciti in arte è uno dei più sicuri perché non
perde valore ed è semplice da sottrarre all’aggressione patrimoniale Una catena
criminale che va dal furto, alla falsificazione, fino all’opera dei cosiddetti
“tombaroli”, cioè coloro che effettuano abusivamente scavi archeologici. Le
opere rubate o falsificate vengono immesse sul mercato clandestino , anche
utilizzando il web .
Un business per le organizzazioni come ’ndrangheta, cosa nostra
e camorra, oltre
ad almeno altre tre o quattro organizzazioni criminali nel mondo. Lo stesso ex
procuratore nazionale Antimafia Pietro Grasso non ha esitato nel dire che il
«traffico di opere d’arte è tra i principali guadagni delle mafie». Soldi
sporchi a spasso per il globo, che transitano per gli immancabili paradisi
fiscali e difficili da stanare .
Investire in arte per le mafie, chiaramente ben consigliate
da esperti del settore, è conveniente e sicuro: prima di tutto le pene previste
nel caso in cui si venisse scoperte sono irrisorie per chi è abituato a ben
altri pericoli del codice penale.
Riguardo a tutto ciò la legislazione è insufficiente» Pene troppo leggere,
che non spaventano chi mercanteggia illegalmente opere d’arte, e una
legislazione che rende non facile l’aggressione patrimoniale e le indagini.
Secondo gli investigatori i limiti dell’attuale codice dei Beni Culturali non
permettono di svolgere appieno le attività d’indagine, anche perché, spiegano,
ormai quelli che operano nell’illegalità con le opere d’arte utilizza sistemi
ben sofisticati .
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