LA MECCANIZZAZIONE E LA CRISI SOCIALE
NEL MONDO DEL
LAVORO
Nella nostra
epoca il
lavoro dell’uomo va sempre di più
ad essere sostituito da quello prodotto
dalle macchine, da sistemi
tecnologici ed elettronici , capaci
di produrre beni e
servizi al posto di centinaia di migliaia di operai nelle fabbriche e di impiegati negli uffici pubblici e privati.
Conseguenze
di ciò , ricadono inevitabilmente , in senso negativo , sull’indice di occupazione lavorativa umana ,
non solo nel breve e medio termine , ma anche in una prospettiva futura
dell’economia di ogni Paese avanzato e industrializzato , ma non solo
; infatti , questo fenomeno in
espansione , determinando anche una drastica diminuzione del numero di lavoratori
, fa venir meno , in modo progressivo ,
le entrate per l’Erario riguardanti i
contributi versati in merito ad ogni rapporto di lavoro
dipendente e quindi , provoca un doppio danno , non solo riguardo
al bilancio delle entrate statali , nelle somme che verrebbero destinate a finanziare i pensionamenti , ma anche al più drammatico fenomeno sociale
,costituito dall’aumento di persone disoccupate , in cerca di un lavoro , in un
mercato che però va richiedendo sempre
di più personale altamente specializzato , in un contesto sociale , come in
quello italiano , dove ricerca e processi di addestramento professionale
, si rivelano assai carenti , rispetto
ad altri Paesi europei e internazionali .
Un fenomeno
di disoccupazione , specie giovanile , divenuto in Italia molto preoccupante ,
e che vede molte famiglie (ben oltre circa dieci milioni di persone ) ridotte allo stremo
di risorse economiche , se non
proprio in assoluta povertà ( quasi cinque milioni ) . Motivo per cui , cresce
l’esigenza da parte del Governo e delle Istituzioni di dover in qualche
modo provvedere attraverso forme di assistenzialismo economico ( ad esempio , il
cosiddetto reddito di inclusione) ,
ma che , stante le relative ristrette
disponibilità di bilancio , non potrebbe che soddisfare e parzialmente e
momentaneamente , una ben limitata cerchia di famiglie in maggiore difficoltà.
Stando così le cose , una valida proposta
potrebbe essere quella di far valere
il lavoro eseguito dalle macchine industriali alla stregua di quello eseguito dall’uomo e
pertanto , “ calcolare “ l’importo di contributi lavorativi corrispondente
al numero di operai che sono venuti meno
e sostituiti da una determinata o catena di macchine industriali in una
determinata azienda , e
far versare alla azienda stessa tali
importi nelle casse dell’erario dello Stato , a titolo di compensazione rispetto al numero di
lavoratori licenziati e che quindi , divenuti disoccupati a causa di
ristrutturazioni organizzative e strutturali operati dall’azienda . I
lavoratori verrebbero in tal modo a poter usufruire , ai fini pensionistici , di una
retribuzione calcolata sugli stessi importi contributivi che sarebbero stati
versati dalla azienda medesima , se
essi fossero rimasti a lavorare.
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