mercoledì 14 giugno 2017

MECCANIZZAZIONE E CRISI SOCIALE NEL LAVORO


                    LA  MECCANIZZAZIONE   E   LA  CRISI  SOCIALE  NEL  MONDO  DEL  LAVORO

Nella nostra epoca  il  lavoro dell’uomo  va sempre di più ad essere sostituito da  quello prodotto dalle  macchine, da sistemi tecnologici  ed elettronici , capaci di  produrre  beni  e servizi al posto di centinaia di migliaia di operai  nelle fabbriche  e di impiegati negli uffici  pubblici e privati.

Conseguenze di ciò , ricadono inevitabilmente , in senso negativo ,  sull’indice di occupazione lavorativa umana , non solo nel breve e medio termine , ma anche in una prospettiva futura dell’economia di  ogni Paese  avanzato e industrializzato , ma non solo ;  infatti , questo fenomeno in espansione , determinando anche  una  drastica diminuzione del numero di lavoratori , fa  venir meno , in modo progressivo , le entrate per l’Erario  riguardanti i contributi  versati  in merito ad ogni rapporto di lavoro dipendente  e quindi  , provoca un doppio danno , non solo riguardo al bilancio delle entrate statali , nelle somme che verrebbero destinate a  finanziare i pensionamenti  , ma anche al più drammatico fenomeno sociale ,costituito dall’aumento di persone disoccupate , in cerca di un lavoro , in un mercato  che però va richiedendo sempre di più personale altamente specializzato , in un contesto sociale , come in quello  italiano , dove ricerca  e processi di addestramento professionale ,  si rivelano assai carenti , rispetto ad altri Paesi europei e internazionali .


Un fenomeno di disoccupazione , specie giovanile , divenuto in Italia molto preoccupante , e  che vede molte famiglie  (ben oltre circa dieci  milioni di persone ) ridotte  allo stremo  di  risorse economiche , se non proprio in assoluta povertà ( quasi cinque milioni ) . Motivo per cui ,  cresce   l’esigenza da parte del Governo e delle Istituzioni di dover in qualche modo provvedere attraverso forme di assistenzialismo economico ( ad esempio , il cosiddetto  reddito di inclusione) , ma  che , stante le relative ristrette disponibilità di bilancio , non potrebbe che soddisfare e parzialmente e momentaneamente , una ben limitata cerchia di famiglie in maggiore difficoltà.


Stando così le cose ,  una  valida  proposta potrebbe essere  quella di  far valere  il lavoro eseguito dalle macchine industriali  alla stregua di quello  eseguito dall’uomo  e  pertanto , “ calcolare “ l’importo di  contributi lavorativi corrispondente al numero di operai che sono  venuti meno  e sostituiti da una determinata o catena di macchine industriali in una determinata azienda , e  far  versare alla azienda stessa   tali  importi nelle casse dell’erario dello Stato , a titolo di compensazione rispetto al numero di lavoratori licenziati  e che  quindi , divenuti disoccupati a causa di ristrutturazioni organizzative e strutturali operati dall’azienda .   I  lavoratori verrebbero in tal modo a poter  usufruire , ai fini pensionistici , di una retribuzione calcolata sugli stessi importi contributivi che sarebbero stati versati dalla azienda medesima  , se essi  fossero rimasti a lavorare.




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