venerdì 4 agosto 2017

LA CORRUZIONE

Onestà . Legalità . Giustizia  -  virus  letali  ( ? )


Per  determinati  , molti , troppi maledetti e disonesti  politici  e funzionari pubblici   “Onestà , Legalità e Giustizia “ sono ritenuti , paradossalmente , virus letali , da combattere  perennemente  e drasticamente .
Pertanto , essi si sottopongono  continuamente  a “ terapie  antivirus “  costituite  da potenti farmaci  del  tipo “ Corruzione , truffa , collusione con criminalità , falsità, etc...”. , e fanno di tutto , a volte purtroppo riuscendovi , per  isolare , emarginare e  persino  eliminare , coloro che risultano  infettati  dai  suddetti “ virus “ ,  onde evitare la diffusione  di  essi ,  in casi  epidemici  fra  la  popolazione  civile  e soprattutto in politica e nella pubblica amministrazione.


                                                      IL  NEMICO 
Quando  ci si trova a dover affrontare e combattere un  nemico , composto da un esercito  di disonesti , politici e non politici , criminali , corruttori e corrotti , mafiosi , speculatori  illegali , evasori  seriali, non sono sufficienti  truppe armate di sola onestà , di correttezza politica e sociale , di buoni progetti , di buona  volontà ed entusiasmo , anche se molto  intelligenti ,  perché le armi usate dai primi sono molto più forti ed efficienti rispetto a quelle usate dai secondi.

 Pertanto , per poter vincere e sconfiggere  tali nemici , sono indispensabili  forze  speciali  e di specialisti , assai bene addestrati , dotati di mezzi e strumenti ad elevati livelli tecnologici e di penetrazione  nel contesto delle truppe avversarie, capaci di minarne le basi , di colpirne in modo duro e determinato e definitivo , con sistemi operativi  eccezionali e adeguati allo scopo  ,  le fondamentali risorse  di vita .  Altrimenti , qualsiasi tentativo di vittoria  sarà destinato a fallire , purtroppo , miseramente.   










   URGE  LA  PRESENZA  DI  UNA  PERSONALITA’   AUTOREVOLE

Visto il degrado attuale , etico.morale e di corruzione  in  cui  versa la società italiana , nel suo complesso ,  URGE  nello  Stato e per il rispetto della Costituzione italiana ,  la presenza  e  l’intervento  istituzionale di una  personalità  autorevole , onesta , severa , colta e dignitosa , che riesca a mettere  in  riga , secondo principi di moralità  ed  eticità , tutti  coloro  che  fanno  parte degli Organismi  e  delle  istituzioni  pubbliche e politiche , affinché  essi  tutti  rispettino  il  giuramento  di  fedeltà  ai  principi e valori sanciti nella Costituzione stessa  , che loro stessi  hanno prestato  al momento del proprio incarico e mandato . Nel caso in cui , la suddetta  autorevole personalità dovesse  appurare  nei  comportamenti  di  qualcuno di essi , una  palese violazione  dei  principi costituzionali , e  quindi il venir  meno al  suo stesso giuramento  di fedeltà  e ai suoi doveri  istituzionali verso  lo  Stato ,  avrebbe il diritto , nonché  il potere e il dovere , di denunciare pubblicamente  il suo scorretto operato  e quindi  di sollevarlo  tempestivamente e definitivamente da qualsiasi  incarico di  responsabilità  pubblica  o mandato  politico istituzionale.


3 agosto 2017
Per combattere la corruzione dobbiamo considerarla come il crimine organizzato, secondo il PM Davigo
Ne “Il sistema della corruzione”, il magistrato di Mani Pulite analizza la cruda realtà italiana e ipotizza la difficile strada per riscattarsi
Foto dell’autore Edoardo Garibaldi
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Leggere “Il sistema della corruzione” di Piercamillo Davigo è come vedere l’autore, il magistrato considerato il teorico del pool di Mani pulite, in uno studio Tv.  I suoi interlocutori nei talk show lo indispongono spesso e lui ribatte con spigolosità, come a dire “ma questo è matto, come fa a non capire”, chiude lo scambio di battute accavallando le gambe e mettendosi in diagonale sulla seduta dopo aver detto la sua.
Anche il libro (Editori Laterza, pp.101, 14 €) è uno scritto che indispone. Davigo ci fa sentire come gli ospiti dei salotti televisivi che fanno finta di sapere di cosa si stia parlando, ma in realtà non ne hanno la benché minima idea. L’autore sciorina la sua esperienza pluridecennale da magistrato inquirente e giudicante non lasciando molto spazio alla speranza. Il suo cahier de doléance è fitto e fa ribollire il sangue. Infatti scrive: “Motivi per essere ottimisti è difficile trovarne, a meno che uno non faccia propria la battuta di Zinov’ev: pessimista è chi sostiene che peggio di così non può andare; ottimista è chi dice che si può andare anche peggio”. Ecco, sembra che per Davigo non solo le cose non vadano bene, ma andranno sicuramente peggio determinando la corruzione totale del sistema e la condanna delle persone per bene a farsi da parte.
Il magistrato usa il termine corruzione includendo nel termine la concussione, il traffico di influenze illecito, il finanziamento illecito ai partiti. Questi reati sono “il male antico che in Italia mina le fondamenta del vivere civile” e in particolare, l’Italia è un Paese che non ha i mezzi necessari per farvi fronte. Essendo un reato seriale e diffusivo, chi infatti si macchia di questo reato tende sempre a ripeterlo e a coinvolgere i propri vicini fino a renderli complici e correi, non si capisce come nel Belpaese si possano commettere meno reati di questo tipo che in Finlandia, uno dei Paesi con l’indice di corruzione percepita più basso secondo la classifica di Transparency international. I corrotti in Italia costituiscono un sistema e possono facilmente farla franca, secondo Davigo. Il motivo risiede negli strumenti esigui di limitazione delle libertà degli indagati. Hanno infatti la possibilità di comunicare fra loro, concordare le versioni dei fatti e essere o facilmente liberati da ogni carico. O portare il processo per le lunghe e puntare alla prescrizione.
Per il magistrato le fattispecie di reato e le attività investigative sono del tutto inadeguate a far fronte al problema. Nel 98% delle condanne per corruzione le pene inflitte sono inferiori ai due anni di reclusione, con conseguente sospensione della pena. Le forze di polizia non sono strutturate per investigare sui reati dei colletti bianchi, ma per contrastare piccoli reati come gli scippi e i furti di appartamento. La globalizzazione poi ha fatto sì che le frontiere rimanessero alte per le forze di polizia e magistratura mentre i malfattori con un click possono muovere montagne di danaro da una parte all’altra del globo e farla franca.

Delle soluzioni, però, ci sarebbero. Per Davigo un passo importante sarebbe quello di cominciare a considerare il reato di corruzione alla stregua  del crimine organizzato. La struttura di base, infatti, è del tutto simile a quella delle famiglie che chiedono il pizzo. In questo modo salterebbero tutte le “chiacchiere sull’abuso della custodia cautelare. Un sistema criminale, infatti, non si affronta che in un modo: impedendo a chi commette il crimine di comunicare con gli altri complici, in modo da evitare la sparizione di documenti, prove e tesi o di concordare versioni”.
Ed è in questi fraintendimenti, fra società civile, politica e magistratura, che nasce l’incapacità di riuscire a intendersi su cosa e come debba essere combattuto. Così la magistratura in Italia è intervenuta pesantemente nelle dinamiche di vita quotidiana della comunità. Davigo riconosce una certa invadenza dell’intervento giudiziario, ma per lui nulla c’entra con un possibile disegno politico dei magistrati per invadere gli altri poteri come definiti da Montesquieu, ma è dovuto nient’altro che alla dimensione eccessiva dell’illecito. L’intervento della magistratura, sempre tardivo perché avviene quando il danno è ormai fatto, potrebbe essere sostituito da meccanismi di controllo efficienti all’interno dello Stato stesso. E pur tuttavia non basterebbe. Servirebbe una assunzione di responsabilità da parte della società civile. Davigo sogna infatti un Paese dove siano le parti sane a “consegnare” alla magistratura le parti marce che infestano il nostro vivere civile.
Davigo sogna un Paese dove siano le parti sane a 'consegnare' alla magistratura le parti marce che infestano il nostro vivere civile
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Davigo usa il termine corruzione come una figura retorica: la corruzione di politici, pubblici ufficiali e manager è il segno di una più grande degenerazione che colpisce tutto lo Stato italiano e la sua cittadinanza. Siamo un Paese corrotto nei costumi e nelle aspettative, e la soluzione a questo problema prevede un lungo cammino che coinvolga tutti, non solo la magistratura, di cui l’autore è un autorevole esponente. 



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